LETTERA DAL LEADER DEL POLO (CON RISPOSTA DI SARTORI)
IO E IL PROFESSORE
di Silvio Berlusconi,
Caro direttore,
c'era una volta un Paese si chiamava Vannilandia, o Vanilandia che decise di farla finita con la confusione e l'ingovernabilità.
Sessanta rappresentanti di cittadini, anzi settanta, si riunirono per trovare la soluzione migliore. Ma un Professore quella soluzione era sicuro di averla già trovata (anzi, inventata), e di conoscerne solo lui ogni segreto. E siccome i settanta non erano tutti d'accordo, o per lo meno volevano discuterne, il Professore cominciò a dileggiarli e a disprezzarli, senza rinunciare però a tempestarli di parole per convincerli che non esisteva altro modello all'infuori del suo. E quando si accorse che qualcuno resisteva più degli altri, perse la pazienza e dall'insistenza passò all'insolenza.
Con l'aiuto del suo giornale e di tanti altri, raddoppiò gli articoli, le interviste, le dichiarazioni, le invettive e gli insulti. Arrivò perfino a decretare, con la sua autorità, la mobilitazione di tutti i professori e dei mass media, giornali e telegiornali, come se questi non fossero già schierati a sufficienza e troppo spesso sordi a ogni tentativo di spiegazione e chiarimento. E poco gli importava delle obiezioni o dei dubbi dei settanta. Non è tempo di dubbi per chi ha solo la presunzione delle sue certezze. Non traballa chi, innamorato per professione delle astrazioni accademiche, poco si cura della realtà, e rifiuta perciò di sottoporre i suoi modelli alla verifica dei fatti e delle cose, all'ineguagliabile prova della concretezza. Per un Professore così, l'importante è il modello, il progetto, la tesi, il teorema. O quello, o mando tutto all'aria. La vanità vale più della sostanza. L'amor di tesi più della politica. Il modello è perfetto, l'ha fatto il Professore, è bello e gli piace. Possibile ch
e non ve ne accorgete? Oppure pensate soltanto agli interessi del Paese? Ma, così facendo e ragionando, neppure lui si accorse che Vannilandia non esiste più. Fuor di metafora, abbandonando cioè il paradosso sartoriano, vorrei dire soltanto che apprezzo come sempre ho apprezzato e che cerco, come sempre ho cercato, la discussione e il confronto anche aspro, a patto però che discussione e confronto non siano viziati dal pregiudizio o dalle falsità.
Non si può discutere con chi cerca di farti dire ciò che non solo non hai mai detto, ma che non pensi e che mai hai neppur lontanamente concepito. Non si può far polemica con chi, per vincere, si aggiusta il bersaglio, o se ne inventa uno inesistente o diverso, forzando e distorcendo il tuo pensiero o accreditandoti idee ed espressioni che tue non sono.
»Rompiballe non è espressione che mi appartiene, non è propria del mio modo di esprimermi e di pensare. E non l'ho usata né per i professori, né per altri, né in questa circostanza né in altre. Come sono lontane dal mio spirito e dal mio essere quelle contraddizioni e quelle indecisioni che invece il Professore così incautamente mi contesta. Ma è così che il Professore vuol fare la crociata »di chi non ci sta contro quei settanta che, con onestà di intenti e con spirito costruttivo, cercano di preparare una proposta seria da sottoporre poi al vaglio del Parlamento? Ed è così che il primo giornale italiano si appresta a spiegare le riforme possibili, quelle cioè che con tanta fatica e con spirito autenticamente costituente la Bicamerale vuole offrire all'attenzione e alla discussione del Paese prima ancora che delle aule Parlamentari? Se così fosse sarebbe triste anche per un Professore.
BERLUSCONI SCRIVE, IL PROFESSOR SARTORI RISPONDE
Prendo atto con piacere della smentita dell'onorevole Berlusconi sul suo non aver mai detto »rompiballe . La sua battuta (con contorno sugli »analfabeti ) è stata registrata da tutti i giornali, e quindi la sua precisazione si imponeva. Io sarei davvero lietissimo di poter avere con lei, onorevole Berlusconi, una pubblica discussione e un confronto di idee. Prima di essere informato della sua lettera al "Corriere", Maria Latella mi aveva telefonato per chiedermi se avrei accettato un dibattito con Berlusconi al programma di Raitre »Dalle 20 alle 20 . Le ho detto immediatamente di sì. Sono quindi a sua disposizione. Non mi risulta di aver mai usato »invettive o »insulti nei suoi riguardi. Se me li saprà citare, ne farò ammenda in quella occasione. Nemmeno mi risulta, per la verità, che i media siano stati sino ad oggi »sordi ai suoi »tentativi di spiegazione e di chiarimento . Ma se così fosse, quale migliore occasione di rimediare di quella che ci viene offerta?,
Giovanni Sartori.