NEGRI MARTEDI IN ITALIA
"IO, SCONFITTO A TESTA ALTA"
PARIGI. Toni Negri torna in Italia martedì e non riesce a nascondere la sua emozione. Si appresta a varcare di nuovo le porte del carcere per un periodo indefinito, ma che potrebbe essere corto se i giudici gli accorderanno i benefici previsti dalle leggi, e questa scelta non dev'essere stata facile. Gli tremano le mani, la voce non è sempre ferma. E' un uomo sconfitto, come dice lui stesso, ma tiene la testa alta, senza iattanza, come un ufficiale che si consegna prigioniero e riconosce di essere stato battuto. Alla conferenza stampa convocata ieri nell'abitazione parigina di Negri un appartamento sobrio con una vista meravigliosa sulla rive gauche c'erano molti "reduci" di quei terribili anni Settanta. C'era una manciata di amici che vivono qui da anni, i militanti di base di quella colonia di circa centocinquanta persone che ha trovato accoglienza in Francia. Seduti accanto al professore c'erano anche Oreste Scalzone, che per il momento resta a Parigi, e Franco Piperno, venuto dall'Italia per accompagnar
e Negri a Roma e per testimoniare "che non esiste solo l'Italia di Sgarbi". Tutto è stato detto, ormai, sulla scelta del professore padovano, uomo simbolo dell'Autonomia, che con la sua decisione di varcare la soglia del carcere di Rebibbia spera di dare una spinta all'approvazione di un provvedimento di indulto o di amnistia che metta fine agli anni di piombo. La decisione di Negri è maturata un anno fa. Prima di metterla in atto ha voluto ordinare le sue cose, affidare seminari e allievi ai colleghi, terminare un libro sul concetto di impero che uscirà fra sei mesi negli Stati Uniti. Voleva tornare dopo le vacanze estive, poi si è detto che era inutile aspettare. "Ritorno dice ai giornalisti perché penso si debba chiudere con questo
lungo periodo di permanenza di leggi eccezionali e di conseguenze straordinarie che è seguito agli anni di piombo". La sua valutazione politica è senza ambiguità: "La nostra generazione è stata sconfitta, nel bene e nel male. Nel male, perché abbiamo commesso grossi errori politici, di cui portiamo la responsabilità; nel bene, perché abbiamo avuto intuizioni generose, abbiamo tentato di sta bilire nuovi rapporti di comunità e di pensiero all'interno della società italiana. Lo dico sinceramente: mi sento sconfitto, mi sento responsabile di parecchie cose. Essendo un uomo intero, questa responsabilità si rovescia sulla mia personalità e quindi mi sento anche colpevole. E tuttavia non sono pentito, perché il mio dramma e quello dei miei compagni è stato vissuto all'interno di una grande situazione di lotta, di massa, nella quale la sconfitta basta a segnare la fine".