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Segreteria Rinascimento - 29 giugno 1997
Da "LA REPUBBLICA" del 29 giugno 1997, pag. 13

SE LA BICAMERALE VIOLA LA COSTITUZIONE

di Stefano Rodota'

Può' una Costituzione nascere da una violazione costituzionale? In Italia accadrà proprio questo se il Parlamento non cancellerà una norma appena approvata dalla Commissione bicamerale, così formulata: "Le funzioni che non possono essere più adeguatamente svolte dalla autonomia dei privati sono ripartite tra le Comunità locali, organizzate in Comuni e Province, le Regioni e lo Stato, in base al principio di sussidiarietà e di differenziazione, nel rispetto delle autonomie funzionali riconosciute dalla legge". Lasciamo stare le contorsioni giuridiche e l'eleganza della prosa. Ma questa norma porta con sè non una, ma due violazioni costituzionali, di forma e di sostanza. Tanto per cominciare, la Bicamerale non può occuparsi di qualsiasi materia. La legge istitutiva, all'articolo 1.4 limita esplicitamente i suoi poteri alla elaborazione di "progetti di revisione della parte II della Costituzione". Con la norma citata, invece, si invade pesantemente la prima parte, si modificano suoi principi fondamentali. Un es

empio soltanto. Nel secondo comma dell'articolo 3 della Costituzione una delle norme più significative, che ha dato rilievo all'eguaglianza sostanziale si dice che "è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale dello Stato". Se verrà mantenuta la modifica della Costituzione ricordata prima, questa norma dovrà essere letta così: "E' compito dei privati (o del mercato)...". La Repubblica, con tutte le sue istituzioni, uscirebbe di scena, e avrebbe l'unica funzione di cercar di rimediare ai fallimenti del mercato. Una logica, questa, che non ha niente a che vedere con l'abbandono di una serie di improprie attività" statali, con un giusto ridimensionamento di ipertrofie stataliste. Capisco che molti preferiscano questa linea. Ma non possono imporla attraverso la Bi

camerale e la successiva procedura parlamentare, perchè questa è una materia esclusa dall'attuale riforma. E, se pure non fosse stato previsto questo esplicito divieto, la modifica votata dalla Bicamerale non sarebbe legittima, perchè la Corte costituzionale, con una sentenza di cui è stato relatore Antonio Baldassarre, ha stabilito che i principi fondamentali non possono essere cambiati neppure con il procedimento di revisione. Ora, invece, non solo si stravolgono principi come quello di eguaglianza, ma si altera l'intero impianto costituzionale dei rapporti tra pubblico e privato, come peraltro riconoscono con toni trionfali alcuni esponenti di Forza Italia, parlando di decisione "rivoluzionaria". Con malinconia devo constatare che si sta avverando una mia facile previsione, che riguardava appunto l'impossibilità di tener ferma la distinzione tra prima e seconda parte della Costituzione. Ma pensavo che ciò sarebbe avvenuto attraverso aggiramenti per esempio, limitando l'autonomia della magistratura, con o

vvie conseguenze sulla effettiva garanzia dei diritti fondamentali non in un modo così diretto e sfacciato.
Questo conferma che la cultura costituzionale non abita nelle stanze della Bicamerale. E a questo risultato si è arrivati attraverso slittamenti progressivi, magari pensati a fin di bene, come quelli che hanno spinto a introdurre nella parte relativa alla magistratura norme sul diritto di difesa, che trova anch'esso la sua disciplina nella prima parte della Costituzione (art. 24). Inoltre, per dare più forza alla prospettiva europea, si parla di più forti limitazioni alla sovranità nazionale: di nuovo, una materia della prima parte (art. 11). Ha preso il sopravvento una mentalità da "legge finanziaria", ormai considerata il treno più veloce che passi dal Parlamento, al quale tutti cercano di attaccare il proprio vagone, coerente o no con la logica di quella legge. Allo stesso modo, la Bicamerale è ormai vista come l'occasione adatta per mettere le mani sulla Costituzione, e nessuno si è assunto il

doveroso compito di vegliare perchè il suo lavoro rimanesse nei limiti segnati dalla sua legge istitutiva. Sono curioso di vedere, a questo punto, come reagirà la cultura neogarantista, che tanti proseliti ha fatto negli ultimi tempi. Il garantismo vero, infatti, è quello che esige il rispetto della legalità e delle sue regole in ogni momento e in ogni situazione. Se, di fronte a una violazione così clamorosa delle regole, la risposta sarà il silenzio, avremo una prova in più della sua insincerità e del suo strumentalismo. Dicevo all'inizio che v'è da sperare in un ripensamento quando le modifiche della Costituzione verranno discusse dal Parlamento. Ma, anche se il nuovo testo rimarrà immutato, non per questo la partita sarà chiusa. Al contrario, si aprirà un'altra sua fase, ancor più delicata, perchè dovrà essere la Corte costituzionale a valutare la legittimità di modifiche in contrasto con norme e principi costituzionali.

 
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