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Segreteria Rinascimento - 30 giugno 1997
Da "Il Corriere della Sera" del 30 giugno 1997

FINI: IL REFERENDUM SARA UN'ARMA SPUNTATA PER DI PIETRO, SEGNI E COSSIGA

Francesco Verderami

ROMA. "Accetto scommesse", dice Gianfranco Funi. Non saranno le scaramucce sull'ordine del giorno per la legge elettorale e sulla redazione del testo che riguarda I poteri del capo dello Stato a scardinare il "Patto costituente" firmato in Bicamerale. A dire il vero, il leader di An ritiene che nemmeno l'ostacolo creato dalla "soluzione interlocutoria" sulla giustizia fermerà il passo del processo riformatore, che la lunga marcia verso il referendum avrà "passaggi difficili" in Parlamento ma si concluderà "positivamente". Fini è così ottimista da sfidare fin da oggi Di Pietro, Segni e Cossiga: "Sono convinto che il referendum sarà un'arma spuntata per chi si metterà alla testa del "Fronte del No". Con quei referendum gli italiani dovranno scegliere se mantenere le cose come stanno o dare al Paese un modello che, pur perfettibile, sarà innovativo. E evidente che tra la Bicamerale e il referendum ci saranno due anni di confronto in Parlamento, che potranno esserci profonde modifiche ai testi varati in commissi

one. Ma è proprio lì che si vedrà se l'intesa sarà in grado di reggere o se sarà destinata a sgretolarsi". S'intuisce che la sfida di Fini al "Fronte del No è una sfida lanciata anzitutto a se stesso e agli altri leader. E non potrebbe essere altrimenti: "Ci sono difficoltà dentro tutti i partiti. Dal Pds ad An sono evidenti posizioni di dissenso. E' un fatto naturale che in un passaggio così importante vi sia nei partiti un dibattito trasversale. Ma la sfida sarà proprio questa".

Dunque non teme che il Parlamento diventi Vietnam per le rifo

"No. Non credo ci saranno le condizioni per una guerriglia parlamentare se coloro che hanno sottoscritto l'intesa avranno una sufficiente credibilità politica per onorare l'impegno".

Vuol dire che lei, D'Alema, Berlusconi, Marini e via di seguito, sulle riforme vi giocate la carriera politica?

"Per certi aspetti sì. Abbiamo firmato un patto Costituente per l'Italia che verrà. Certo, ci saranno passaggi difficili anche perché la Bicamerale ha svolto solo un'istruttoria e il Parlamento ha il dirittodovere di mettere il sigillo sulle riforme. Ma io escludo che il percorso possa interrompersi. E non mi sfugge che se il clima politico su alcune questioni diverrà rovente, nelle forze politiche potrà esserci la tentazione di far ricadere quelle polemiche sulle riforme. Ecco quelle tentazioni andranno tenute lontane .

Comprese le tentazioni per un governo di larghe intese?

"Comprese quelle".

C'è stato un momento in cui ha pensato: è finita?

"Subito dopo il voto sul quando si è scatenata un'offensiva congiunta per azzerare quella decisione che ha avuto in Bertinotti la testa di ariete, e nel vice premier una sponda importante".

Vuol dire che Veltroni ha giocato contro la Bicamerale?

"Un politico responsabile, quando dice certe cose, mette in conto le conseguenze di ciò che dice. La conseguenza sarebbe stata la fine della Bicamerale e visto che presidente della commissione era D'Alema... A esser maliziosi si possono mettere insieme le due cose. E la malizia non è mai da escludere un politica".

Anche sulla giustizia si è rischiato il tracollo.

"Come quando si votò sul semipresidenzialismo, anche quel giorno arrivarono gli incursori leghisti. L'obiettivo era lo stesso: fare in modo che passasse la soluzione più divaricante in termini politici. E' stato l'ultimo e disperato tentativo di Bossi di far saltare la Bicamerale. Senza bisogno di cene, nel Polo e nell'Ulivo è emersa la necessità di rinviare la soluzione del nodo giustizia accogliendo la proposta di Mattarella. Così è stato sventato il colpo di mano leghista. Ed anche il tentativo in extremis della Parenti di far saltare tutto. Insinuando che l'intera commissione fosse ricattata dalla magistratura, ha tentato di portare la Bicameraie, non credo involontariamente, ma di forte scontro".

In molti però, dal relatore Boato a Berlusconi, hanno denunciato pressioni della magistratura.

"Io non sono stato oggetto di alcuna pressione anche se do per scontato che ci siano stati degli interventi. Ma si è trattato di interventi pubblici: c'è stato chi ha appoggiato e chi ha contestato le scelte della Bicamerale, ma tra questo legittimo, fisiologico interventismo e la parola "ricattio" c'è un abisso.

E come giudica il rinvio a giudizio di De Mita e le voci di avviso di garanzia ad altri esponenti della commissione nei giorni in cui si decideva sulla giustizia: pura coincidenza?

"Non lego in alcun modo le cose altrimenti se si entra in un clima di sospetto, si delegittima da un lato l'azione della magistratura e dall'altra l'azione del Parlamento. E' evidente che nella magistratura vi sono alcuni togati che usano verso il Parlamento parole improvvide e improprie. E' evidente che alcuni magistrati non si accorgono della benzina che buttano sul fuoco della polemica che poi trova, guarda caso, sull'altra sponda politici come la Parenti. Si tratta di opposti estremismi, inaccettabili in entrambi i casi".

La "soluzione interlocutoria" sulla giustizia è una "vittoria mutilata" per la Bicamerale?

"No, la politica ha già fatto molto, perché la bozza Boato è di per sé profondamente innovativa. Permangono degli scogli da superare e mi auguro che si superino. Ma anche se alla fine del percorso riformatore, si dovesse approvare questa bozza Boato, si sarebbe fatto un grande passo avanti.

Un 'ultima domanda: qual è il significato di quella stretta di mano tra lei e D'Alema nella "notte della giustizia"?

Detesto l'enfasi. La valenza politica non sta ne in quel che ho detto in Bicamerale a difesa della dignità dei suoi commissari ne in quel gesto, ma nella capacità dimostrata dalla destra e dalla sinistra di essere soggetti costituenti, superando quel muro di reciproche diffidenze e sospetti che aveva fatto dire a molti: "In Italia non ci sarà una fase costituente perché non sono maturi i tempi". No, i tempi sono maturi".

 
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