PRIVATE CHIUDE LA BICAMERALE, VIA ALLE RIFORME GIU IL SIPARIO, LA PAROLA DA OGGI AL PARLAMENTO. D'ALEMA: UN LAVORO CHE IL PAESE ASPETTAVA DA VENT'ANNI ACCORDO SUL CAPO DELLO STATO, "CONGELATA" LA LEGGE ELETTORALE di Antonella Rampino
ROMA. La seconda Repubblica in 87 articoli, così come l'hanno immaginata i 70 della Sala della Regina. Durante l'estate si chiude, ma intanto è stato fatto un lavoro "titanico": "Un lavoro che il Paese si aspettava da vent'anni, e percorrendo un accordo che era l'unico possibile", come dirà poi D'Alema ai suoi, in un bilancio a caldo. Ieri, la Bicamerale ha concluso i suoi lavori votando e spedendo in aula una Costituzione non ideale, ma possibile. Con la speranza, espressa in numerose dichiarazioni di voto, da Berlusconi a Mussi, che il Parlamento riesca là dove i bicameralisti non hanno potuto. Dopo molti giorni di travagliati lavori, la giornata di ieri è filata via liscia. Due le questioni spinose all'ordine del giorno: i poteri di scioglimento del Capo dello Stato, e l'accordo sulla legge elettorale. Il primo punto si è rapidamente risolto, già in mattinata. "Perché Calderisi e io abbiamo fatto tutto il casino possibile e immaginabile" dice Giorgio Rebuffa. "Non c'era nessuna intenzione di fare un colpo
di mano", ha detto il presidente D'Alema in aula. E insomma, adesso nell'articolo 72 c'è scritto chiaro e tondo che un presidente della Repubblica che viene eletto e si trova un Parlamento che non gli piace, dopo soli 6 mesi può scioglierlo. Se invece la Camera viene eletta a Capo dello Stato già insediato, per scioglierla questi dovrà aspettare almeno un anno. Inizialmente, ai presidenzialisti del Polo sarebbe bastato un anno, com'è in Francia. Ma la mancanza di chiarezza nella formulazione del comma ha spinto ancora più in là. I popolari, ha detto Mattarella, presenteranno emendamenti. La seconda questione, ancora più spinosa, era quella di presentare e votare un ordine del giorno sulla legge elettorale. Questa non rientra nei compiti istituzionali della Bicamerale: accantonata a lungo, è stata in realtà la vera protagonista, sia pure sottaciuta, di molti degli scontri in commissione. Perché, se è vero che esiste una sua connessione tecnica e politica con la forma di governo, altrettanto vero è che propri
o dalla legge elettorale dipende la sopravvivenza o meno di molti dei partiti più piccoli che compongono l'attuale maggioranza e opposizione. L'accordo, alla fine, era stato trovato nella cosiddetta "cena costituente" a casa di Gianni Letta. E ieri era il momento di mettere nero su bianco: lo hanno chiesto, a gran voce, Casini come Marini, Bertinotti come Buttiglione. Si è scelta la formula di presentare un "documento", firmato dai capigruppo. Nel breve testo è confermato a grandi linee il cosiddetto "Mattarellum 2". Ma non si menziona affatto la soglia di sbarramento al 4 per cento. Inoltre D'Alema non l'ha messo ai voti, l'ha solo letto, precisando che "esso impegna solo i firmatari". E questi sono Mattarella, Berlusconi, Bertinotti, Cossutta, Salvi. A lungo, è stato chiesto a Berlusconi di ritirare la propria firma, visto che quella dell'altro leader di coalizione, D'Alema, non c'era. Il presidente della Bicamerale ha infine dato lettura anche di un altro documento, firmato da D'Amico, Spini e Passigli, e
all'ultimo momento anche Achille Occhetto, che si impegnano a portare in Parlamento la battaglia per il doppio turno di collegio. Il resto del pomeriggio è stato dedicato alle dichiarazioni di voto, esercizio non peregrino, ma che per la gran parte la classe di bicameralisti ha fatto in propria autodifesa. "E' stato bello e costruttivo" ha detto Berlusconi, spiegando che l'impegno di Forza Italia sarà per "estendere il garantismo, e portare sullo stesso piano il diritto di accusa e difesa". Un punto, questo, al quale ha sottolineato di essere sensibile anche Marini, riconfermando implicitamente l'asse Polopopolari. Sul tema giustizia, altri interventi fuori dalla Bicamerale li ha fatti ancora Berlusconi: "Non si può rinunciare ai diritti previsti dal 513, come la possibilità della difesa di interrogare durante un processo orale", ha detto. E, per quanto riguarda la separazione delle carriere dei magistrati: "Abbiamo rimandato tutto alle Camere perché speriamo che venga compreso che solo così si può garantir
e la terzietà del giudice". Polemico con i professori, dentro e fuori la Sala della Regina, Pierferdinando Casini: "La Bicamerale non è un'aula di università, abbiamo trovato un'intesa realistica, un accordo alla luce del sole. Un lavoro molto più complesso che scrivere un articolo per un quotidiano". Casini ha poi gettato lontano lo sguardo: "Il referendum sarà un vero e proprio esame per la classe politica del nostro Paese". Una frase che è suonata come un campanello d'allarme per chi, come Occhetto e Cossutta, valuta pessimo il lavoro della Bicamerale. "E' una vittoria strategica delle destre", ha detto Cossutta, che poi per Rifondazione ha anche presentato una relazione di minoranza che, assieme a quella della maggioranza, verrà inviata alle aule, e della quale D'Alema non ha permesso che venisse data pubblica lettura. "Un risultato di profilo molto basso ha detto Occhetto , una soluzione che serve solo a salvare il ceto politico, e che cercheremo di migliorare in Parlamento, con l'aiuto dei professori
che spero non verranno espulsi dalla seconda Repubblica".