GLI SCONFITTI NON CI STANNO
Protestano il partito di Berisha e re Leka. Altro militare italiano ferito da un colpo vagante
Berisha: "Rifare il voto in 30 collegi"
TIRANA Accettiamo, ripetono tutti, e solo Dio sa quanto pesi ai battuti dirlo. Accettiamo il verdetto delle urne, assicura Leka Zogu, che si considera re ma che, forse, la corona in testa non la metterà mai. E Tritan Shehu, fra i duri del partito democratico, uno che non pare abituato a perdere, gli fa eco: "Accettiamo". Ma non lo pensano e quasi in coro, quelli che volevano re Leka e gli altri che tifavano per Berisha tuonano che ci sono state irregolarità, che forse meglio sarebbe ripetere il voto. Almeno parzialmente. "Ma no, ma no, non ho nessuna prova di contestazioni serie, nemmeno da parte di Berisha", commenta soddisfatto Fatos Nano, leader socialista, entrato nella parte del nuovo signore dell'Albania. Anche se, subito, puntualizza: "Non bisogna più commettere gli errori del passato, come per esempio comportarsi in maniera autoritaria. Le proteste dei monarchici? Ma questa era la loro ultima chance!". La soddisfazione è grande e Nano si mostra generoso, e loda l'"atteggiamento responsabile" di Beri
sha, anche se è rapido ad aggiungere che "si deve dimettere e noi lo aiuteremo a farlo. Del resto, lui è un magnifico cardiochirurgo e l'Albania ha bisogno di medici. In ogni modo, può fare il capo dell'opposizione". A ognuno la sua parte, dunque, in questa tragicommedia balcanica, e Nano ha riservato a sé un ruolo di primo piano, ma ancora non rivela se sarà suo quello del protagonista. "Abbiamo già i nostri piani. Quando Berisha se ne va, si crea un vuoto: la Costituzione dice che quel vuoto lo riempia il presidente del Parlamento, ma soltanto per due settimane". D'accordo, ma lei? "Beh!, anche se mi candidassi come cittadino indipendente da ogni partito, mi piacerebbe avere i due terzi dei voti degli albanesi". Lui la strada la vede come sono in realtà le strade qui in Albania: lunghe, tormentate dalle curve e disseminate di buche. E tuttavia conducono sempre alla meta. Fare di questo un Paese normale, non si stanca di ripeterlo. Ci sono state le elezioni e per venirne a capo in qualche modo si è mossa me
zza Europa. La Forza multinazionale di protezione ha fatto la sua parte ed è sembrato che Nano fosse orientato a un saluto magari anticipato. Ma ora dice: "Non vogliamo far partire nessuno anzitempo". Però c'è una certa aria instabile, qui a Tirana, e si parla di qualche veleno che potrebbe rovesciarsi sulla Fmp. Vedremo. Ad ogni buon conto, visto che gli stranieri sono serviti, lui ora dice che "quando sarà il momento, per ogni soldato che se ne andrà, speriamo che arrivi un civile. Vogliamo che questo Paese continui a sentirsi al centro dell'attenzione internazionale". Eppure, al di là delle parole di ieri, Nano più volte aveva dato l'impressione di scalpitare per la data della partenza della Fmp e questa sua impazienza è stata il tema di una conversazione nei corridoi dell'Hotel Rogner, ieri pomeriggio, fra gli ambasciatori italiano, Marcello Spatafora, quello americano, Marisa Lino, e Giancarlo Aragona, ambasciatore dell'Osce. Dunque, nella giornata dei grandi progetti socialisti, i sostenitori del re e
i militanti del partito democratico hanno masticato fiele. Per spiegare la vittoria negata, Leka Zogu ha tenuto conferenza stampa ed è sembrato furibondo, anche se non ha mai alzato il tono della voce. Ha guardato sempre diritto davanti a sé il gruppo dei giornalisti e la vociante folla dei fans entrati nel grande albergo per acclamare "il re". Leka e il suo popolo: quando questo si è mostrato troppo rumoroso, lui ha regalmente fatto dire: "Il re ordina di lasciare la sala". Naturalmente, nessuno ha obbedito. E lui ha detto: "Non accetteremo i brogli. Il partito socialista sta rubando i voti e violando la legge. Noi? Siamo tranquilli, agiremo nel rispetto della legge. Ma troviamo che le manipolazioni siano al di là di ogni immaginazione. La monarchia ha avuto il consenso della gente e noi siamo personalmente soddisfatti. Abbiamo ottenuto fra il 54 e il 65%. Sono sicuro che i brogli più grossi li hanno fatti i socialisti, i maggiori responsabili sono i leader del partito socialista". In fondo all'isolato, nel
l'auditorium del Palazzo dei Congressi, i democratici, per voce di Shehu, lanciavano il loro j'accuse. "Accettiamo i risultati del voto, aspettiamo il verdetto ufficiale. E in ogni modo, il partito democratico risulta la seconda forza politica del Paese: il suo ruolo di opposizione sarà positivo, aperto e collaborativo". Fine del prologo. Poi: "In molte zone ci sono state irregolarità, sia prima sia durante le votazioni. La campagna è stata condizionata dal terrore organizzato dalla sinistra. Durante il voto ci sono state violenze legate ai ribelli comunisti che sono arrivati fino al punto di uccidere i nostri rappresentanti". Quindi, i numeri, che non gli quadrano, e lo ripete anche a metà pomeriggio, questo: "Occorre tornare a votare in 30 zone". Calcolato che per altri 32 seggi si andrà al ballottaggio, la Beresina democratica potrebbe trasformarsi in una sconfitta di stretta misura. Se poi i socialisti dovessero davvero spuntarla, dice Shehu, si diano da fare per restituire il denaro delle finanziarie a
piramide, come hanno promesso. E l'altro duro del partito, Genc Pollo, ha osservato che "finora nessuno ha detto che questo voto è stato libero e legale, ma soltanto adeguato alla situazione". Comunque sia, il risultato delle urne è quello che è e oggi si avranno le cifre ufficiali. Non nutre dubbi Franz Vranitzky, tornato a Tirana per una serie di incontri. Anche con il presidente Berisha. "Mi ha confermato che rispetterà il voto, ma delle dimissioni non mi ha detto niente". Poi ha aggiunto di aspettare un piano organico per la ricostruzione del Paese. E non hanno dubbi, ma parecchi timori, alcuni della nomenklatura democratica ormai spiegazzata, e le fughe si moltiplicano. Prima hanno tagliato la corda Agim Shehu, capo della polizia, si dice fuggito in Turchia, e Hahit Xhaferi, capo della Guardia presidenziale. Quindi sono risultati introvabili pure Belul Celo, ministro degli Interni il quale, dopo aver nominato Sokol Barai al posto di Shehu, si è allontanato nel nulla; e Blerin Cela, ex presidente della C
orte dei conti, quello che condannò Nano per tangenti.
Vincenzo Tessandori