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Partito Radicale Rinascimento - 2 luglio 1997
Da "La Stampa" del 2 luglio 1997 - pag. 7

PROVE TECNICHE DI COABITAZIONE

SILVIO E MASSIMO

Il piano al quale Bruno Vespa lavorava da una vita è apparso finalmente chiaro a metà serata, quando il pubblico di Porta a Porta era sull'orlo della catalessi e nell'aria di Saxa Rubra, afosa come un inciucio, aleggiava il rimpianto per i morsi di Mike Tyson: Berlusconi, fra l'altro, ha certe orecchie. E' stato allora che il vero presidente della Bicamerale Vespa, appunto è uscito allo scoperto. Si è ingobbito di una ventina di centimetri strizzandosi la cartelletta degli appunti sotto l'ascella e con stile insinuante ha scodellato sul tavolo di Silvio e Max la pietanza più succulenta: la Coabitazione. "On. D'Alema, se lei fosse a Palazzo Chigi e Berlusconi al Quirinale, chi soffrirebbe di più?", ha lasciato cadere lì, come per caso. Inutile dire che i due ragazzi non si sono affatto offesi. Anzi, per nascondere l'ebbrezza, hanno cercato con discreto successo di fare gli spiritosi. "L'importante è che non soffrano gli italiani", ha ghignato quello coi baffi. E l'altro, di conserva: "Coabitiamo già nelle v

ignette: e a me tocca sempre la parte della moglie!". Povero Berlusconi, che sacrifici fa per la democrazia. La puntata di Porta a Porta , che passerà alla storia televisiva come quella della Coabitazione, ha mostrato quali incredibili effetti possa produrre un anno e mezzo di vespismo sui massimi leader di un Paese. Era il 24 gennaio 1996 quando Berlusconi e D'Alema si incontrarono per la prima volta nel laboratorio di Raiuno sulle note di "Via col vento". Berlusconi non era ancora un politico vero, allora: parlava in aziendalese spinto, intercalando i suoi "mi consenta" a sparate contro i giudici, i comunisti e soprattutto i giudici comunisti. D'Alema era un professorino algido, vestito come un bigliettaio del tram: sprezzante e ossessivo, il cubetto di ghiaccio più acuto e indisponente della politica italiana. Quattro sedute chez Vespa li hanno trasformati, più di quanto potrà mai fare qualsiasi riforma costituzionale. Berlusconi si è totalmente forlanizzato: parla di "classe politica" facendo capire che

adesso se ne sente parte anche lui, e si lancia in lunghi discorsi che non vogliono dire nulla. Un Forlani con lo spirito di Andreotti ("Se a cena da Letta venisse anche Casini sarebbe una mensa aziendale") e reminiscenze storiche pericolanti quando sostiene che "per i vecchi padri costituenti era più facile riformare: non avevano una Carta preesistente con cui fare i conti". Forse pensa che lo Statuto Albertino sia il regolamento di Milano e prenda il nome dal sindaco amico suo. D'Alema, in compenso, si è berlusconizzato senza risparmio. Quando non la butta sul calcio ("il doppio turno è meglio della Roma") o sulla vela, ogni sua frase televisiva tende comunque alla battuta come in un copione di Woody Allen. Di Pietro che predilige il presidenzialismo alla francese diventa "De Pierre" e in due ore l'unico intellettuale che ottiene una citazione è Max Catalano, il trombettista di Arbore: "E' meglio avere successo che insuccesso". Vespa può andare orgoglioso: la coabitazione fra Silvio & Max, pura follia due

anni fa, oggi è penetrata dappertutto: nelle leggi, nelle parole e persino negli sguardi. Altro che Chirac e Jospin che si parlano addosso pestandosi i piedi: spediremo Porta a Porta oltralpe per un corso accelerato. I loro omologhi italiani si passano le battute come Qui e Quo (Qua, naturalmente, è Vespa), in un vortice di "Ha ragione", "Sono d'accordo", "Ho ben poco da aggiungere a quanto ha già detto", "Fra noi non c'è alcun interesse occulto", "Io e l'onorevole non abbiamo mai parlato di tv". Solo di coabitazioni. A proposito, "Scalfaro poteva risparmiarsi quel giudizio su Fini vincitore", dice Berlusconi mentre a D'Alema sorridono gli occhi: "E già, ho vinto un po' anch'io, no?". Geppetto Vespa si coccola i suoi pinocchi, commosso.

Massimo Gramellini

 
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