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Partito Radicale Rinascimento - 14 novembre 1997
Il Corriere della Sera - 14 novembre 1997

I DUE POLI, LA STABILITA E IL MACIGNO DI MARCO

di Stefano Folli

Da un lato D'Alema che passeggia per Roma, scherza con Benigni e addirittura prende l'autobus come un comune mortale: l'immagine stessa della forza tranquilla che il Pds pretende di essere; garanzia di quella "stabilità" che il mondo economico pone al primo posto tra gli obiettivi del '98, l'anno dell'Euro. "Arricchitevi ma create lavoro" ha detto il capo del Pds agli industriali romani. E idealmente vicino a lui, in questa inedita offerta di un patto sociale, c'era il suo alleato Di Pietro, nuovo garante dei ceti moderati.

Dall'altro lato il Polo che cova sotto la cenere la brace delle sue inquietudini. Il voto di domenica prossima potrebbe spazzar via quella cenere e far divampare il fuoco. Ce ne sono tutti i segnali premonitori. Compresa la tenacia con cui Berlusconi nega la crisi e afferma la saldezza della sua leadership. Ma al dunque nessuno sa ancora, nel centrodestra, come affrontare il problema di fondo, a partire da lunedì. "Occorre ridisegnare un progetto politico" dicono quasi tutti a destra. Eppure di progetti ce ne sono almeno tre e l angoscia, da cui può nascere l'immobilismo, deriva anche dalla difficoltà di scegliere.

Ipotesi numero uno. Forza Italia è tentata dal dialogo con la Lega. Ma Bossi lo ha capito da tempo e tiene aperto il gioco alla sua maniera. In parte assecondando certe suggestioni: ieri ha detto che ormai l'Ulivo è "più pericoloso" del Polo perché "usa in maniera assai poco democratica la magistratura". E in parte richiudendo la porta in faccia ai berlusconiani, come quando smentisce le proposte avanzate dal suo Maroni circa il federalismo "modello Sicilia". In realtà Bossi vuole prima verificare fino a che punto arriva la crisi di Forza Italia. Per trattare, a suo avviso, c'è sempre tempo.

Ipotesi numero due. Alleanza nazionale punta più che mai

sul lungo periodo, distinguendosi da Berlusconi ogni volta che è possibile. Fini è convinto che la legislatura non

sarà interrotta e che bisogna attrezzarsi. An si identifica oggi nel risultato della Bicamerale e vuole che le riforme siano approvate in Parlamento, a cominciare dal semipresidenzialismo e dalla connessa legge elettorale. Da questo punto di vista Fini è diventato per D'Alema un prezioso interlocutore. Il presidente di An condivide il "progetto stabilità" di cui il Pds è l'interprete a sinistra. Alla lunga Alleanza nazionale dovrebbe diventare una forza moderata e rassicurante, stampella di destra dell'Italia bipolare. Ma sotto tale profilo la presenza di Di Pietro nell'Ulivo rappresenta per Fini una minaccia inafferrabile.

Ipotesi numero tre. Il "grande centro" vagheggiato dal mondo postdemocristiano trasversale e da vari gruppi laici. Finora non prende forma anche perché nessuno ha la forza di compiere il primo passo. Creare un "terzo polo" autonomo è giudicato da tutti suicida. Ma per evitare l'isolamento occorre risolvere i nodi di fondo. In primo luogo: quale rapporto realizzare con An?

E' in questo scenario contraddittorio e nebbioso che Marco Pannella ha scagliato il suo sasso. Lo sciopero della sete contro i meccanismi discriminatori dell'informazione Rai e Mediaset (ma soprattutto Rai) è un gesto drammatico, un imprevisto salto di qualità nel dibattito politico. "Un tragico segnale dimostrativo" come ha detto l'ex presidente della Consulta Caianiello. Tragico perché Pannella è reduce da un'ischemia cerebrale e il rischio è molto alto. Pannella cammina sul ciglio del burrone e sembra voler sfiorare il suicidio per affermare le sue ragioni. In questo atto estremo, che ha scosso le coscienze e provocato reazioni, c'è un messaggio politico piuttosto chiaro.

E' un messaggio contro la "stabilità" dalemiana, o meglio contro quel condominio D'AlemaFiniBerlusconi che Pannella (e non solo lui) vede come l'annuncio di un regime morbido ma inesorabile contro i dissidenti. Innescando un nuovo "caso Rai" e una nuova battaglia per l'informazione, Pannella combatte con le armi a sua disposizione. Ma quali armi? Ormai solo se stesso e la sua salute precaria, visto che le altre - a cominciare dal referendum - gli sono state via via sottratte.

 
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