PANNELLA DIGIUNA MA MORDE IL POTERE
di Roberto Levi
(Il Giornale, 15 novembre 1997)
Si capisce facilmente perché Marco Pannella non è mai stato troppo amato dai mezzi di informazione: ha supplito per decine di anni, qualunque fosse il tipo di governo in carica, a quel ruolo di "guardiano" dei soprusi del potere, di sentinella vigile e inevitabilmente petulante dei diritti della democrazia che tanti, troppi giornalisti hanno dimenticato di interpretare. Un rompiscatole come Pannella ricorda in fondo a tutti coloro che lavorano nell'informazione, quali che sano le loro idee e simpatie politiche, che il principale dovere dei mass media è proprio quello di "mordere ai polpacci il potere", di non lasciarlo mai tranquillo indipendentemente dall'abito più o meno accomodante con cui si presenta. E' chiaro che uno così non può essere troppo simpatico alla categoria: rischia solo di farla sentire in colpa. C'è tuttavia, in quest'ultima clamorosa ribellione di Pannella, un aspetto specifico che riguarda i doveri del servizio pubblico televisivo. Perché se è grave, e non certo giustificabile, che certe
reti televisive private snobbino le iniziative di un movimento che raccoglie periodicamente la firma e il consenso di milioni di persone, una simile censura non è ammissibile per i canali Rai finanziati con i soldi dei cittadini. Le Tv private, almeno fino a quando non passerà l'idea che fare televisione implica comunque una responsabilità equiparabile al ruolo di servizio pubblico, possono sempre giustificare certi oscuramenti dicendo "noi facciamo quel che vogliamo". La Rai no, chi ci lavora non può davvero fare "quello che vuole". Sembra persino ovvio ripeterlo, ma dalle reazioni stizzite che provengono dai direttori dei Tg e dai dirigenti dell'azienda di Stato appena ricevono qualche critica, è chiaro che la confusione in materia rimane alta. In Rai ragionano ancora come se chi ci lavora, chi ha la responsabilità delle scelte e della distribuzione degli spazi e della visibilità delle varie componenti sociali, potesse infischiarsene del pluralismo e della libera circolazione delle idee. Come se la Rai fo
sse "cosa loro" e non cosa di tutti. E ci siamo tutti un po' troppo abituati, sia "noi" che "loro", a valutare il persistere di certe poco democratiche abitudini secondo l'ottica del pessimismo della ragione, che non lascia spazio ad altro che a un malinconico cinismo, del tipo: le cose sono andate e andranno sempre così. Ebbene, l'impatto che la protesta di Pannella ha suscitato ancora una volta (sino a farlo recedere dai propositi di digiuno) è sperabile che serva, caso personale a parte, ad affondare finalmente il bisturi nel problema generale dell'informazione truccata, tuttora sottovalutato. Chi lavora nel servizio pubblico è innanzitutto un servitore del pubblico, e dovrebbe capirne l'importanza nel senso più nobile e responsabile del termine.