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Partito Radicale Rinascimento - 16 novembre 1997
DEI DELITTI E DELLE PENNE

di Vittorio Feltri

(Il Giornale, 16 novembre 1997)

La morte di Silvestro piega anche le ragioni della politica, che oggi celebra uno dei suoi riti teoricamente più alti: le elezioni. Un bambino violentato e ucciso, calci pugni e bastonate, rende inadeguata qualsiasi parola con la quale si intenda esprimere il sentimento che suscita la sua fine. Mi imbarazza scrivere di questa storia, e il titolo che le abbiamo dedicato ne riflette solo una parte, quella degli assassini cui stentiamo a riconoscere dignità umana. Alla vittima non oso pensare se non sperando sia falso ciò che dicono. Lo so, la mia è vigliaccheria, paura della sofferenza, anche altrui. Preferisco illudermi che poliziotti e giornalisti esagerino nei loro racconti. Non riesco a sopportare che un ragazzino di nove anni sia stato torturato a quel modo.

Nove anni, un'età in cui non si è preparati a difendersi da certi pericoli perché si ignorano. Ogni cucciolo, anche d'uomo, corre dietro per gioco agli adulti, e chi gli ruba l'innocenza e la vita non merita di vivere. Ma non anticipo conclusioni. Abbiamo affidato a Marcello Veneziani e Iuri Maria Prado il compito di discutere sulla pena proporzionata alla gravità del reato; il primo propende per quella capitale, il secondo ha un opinione opposta. Esaminate gli argomenti di entrambi e giudicate con la vostra testa.

Personalmente sono combattuto: l'istinto mi porta verso il tragico rigore di Veneziani, ma so che se l'assecondassi mi pentirei. Non sopporto l'insensatezza crudele della burocrazia, figuriamoci di quella delegata alle esecuzioni. Insomma ho due idee e, come al solito, non le condivido. Mi tengo il dubbio e ve lo giro, per quel che può servire. Intanto mi consolo ricordando Silvestro come un bambino qualunque, i quaderni nella cartella fra briciole di pane e figurine di centravanti, le macchinine sulla mensola sopra il letto, il poster di Schumacher, forse un orsacchiotto spelacchiato in un angolo della cameretta, un avvenire di italiano comune, studi interrotti, la ricerca di un lavoro che non c'è. E dopo tutto, nel Mezzogiorno infelice che nessuno dei mediocri politici meridionali è stato capace di strappare alla miseria, morale e materiale, la morte può arrivare dall'uscio accanto per mano di un settantenne creduto amico. Altro che destra e sinistra. O ci salviamo da soli o sarà notte. Una nottata che non

passa mai. Oggi, andando alle urne, oltre a riflettere sugli schieramenti da scegliere, guardiamoci dentro. Con l'augurio di non inorridire troppo.

Alle brutte notizie bisogna abituarsi. Marco Pannella ha ricevuto la visita e la benedizione di vari leader. Hanno ammesso che ha validi motivi di protestare, per il disinteresse dell'apparato alle sue iniziative, e gli garantiscono aiuti. Ma lui non demorde. Rifiuta le cure e il suo fisico, già indebolito dall'ischemia, rischia di non reggere: l'ictus è in agguato. Conosco Marco da decenni e gli voglio bene. Molte sue battaglie, fra moltissime folli o addirittura grottesche, erano nobili e ci hanno insegnato qualcosa: in politica più che i bei discorsi contano l'esempio e l'azione, e per sconfiggere l'ingiustizia è buono tutto: il digiuno, il bavaglio, il referendum. Perfino sfidare la morte talvolta è necessario. Se Pannella perderà la sua sfida, e prego perché non accada, allora smetteranno di prenderlo in giro. Enzo Biagi ha scritto un elegante pensierino su di lui: "Marco si sente trascurato, dalle Tv e dai giornalisti. Ma quando uno grida di continuo "al lupo!", nel suo caso la partitocrazia, finisce p

er apparire, più che un sensibile democratico, una macchietta". Senti chi parla. Montanelli ha dimostrato che l'età non c'entra, è questione di testa e di classe. Esistono vecchi come Indro che fanno meditare, altri fanno ridere, di un riso amaro.

Ma sì, tiriamoci giù. Stasera apprenderemo i risultati delle elezioni e non andremo a letto contenti. Non mi spaventa tanto il fatto (probabile) che la sinistra si aggiudichi la stragrande maggioranza dei sindaci nelle grandi città, né i festeggiamenti pacchiani a cui i vincitori si abbandoneranno (allo spettacolo degli ulivi giulivi siamo da tempo preparati) quanto la triste sfilata in Tv dei perdenti e le loro reazioni.

Spero di sbagliare. Ma sconvolto dalla batosta il Polo darà sfogo ai peggiori istinti: congiure e vendette. La caccia al capro espiatorio d'altronde è cominciata ancor prima della campagna elettorale. Le sortite di Cossiga, la fuga di Ombretta Fumagalli Carulli e tutto il resto, che vi risparmio per rispetto della vostra digestione. Sotto tiro c'è Silvio Berlusconi. Dicono che con lui il centrodestra perderà sempre. Aggiungerei che senza di lui non avrebbe mai vinto e non vincerebbe più. Per favore, cari morituri polisti evitiamo di fornire agli avversari altri pretesti per umiliarci. Mi offro volontario: date la colpa a me, come per il Mugello. Basta che non litighiate sgangheratamente. Poi tutto s'accomoda.

 
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