Roma, 20 novembre 1997
"Le reazioni di Enzo Siciliano e di Paolo Ruffini sono sintomatiche dei limiti insiti nella delibera della Commissione di Vigilanza.
Poiché non metto in dubbio la buona fede del Presidente della Rai Tv che conosco da più di quarant'anni (mentre sono certo della malafede dei padroni effettivi della struttura ideologica e burocratica della Rai Tv) ho da scegliere fra la "esimente" della totale incapacità di intendere e di volere, l'"attenuante" della sola "culpa in vigilando" anziché l'"l'aggravante" della partecipazione interna alla associazione di stampo mafioso da decenni operante.
Attendo comunque, sfiducioso, le conseguenze della delibera della Commissione di Vigilanza cui va però dato atto di prendere coscienza e di contribuire a farla prendere al Paese di un problema che ha di fatto impedito in Italia il formarsi e l'affermarsi della legalità democratica e della lealtà e della civiltà dell'informazione del dibattito politico.
Sono comunque a disposizione di quanti volessero mettere a frutto i nostri decenni di attenzione, di impegno, di concepimento e di realizzazione della libertà di stampa e del diritto-dovere alla conoscenza, all'informazione, al rapporto fra legalità e libertà anche in questo settore. Vi sono problemi "semiologici" che, grazie anche al pontificato dell'amico Umberto Eco urgono. In particolare la sempre maggiore caratterizzazione delle presenze dei politici e delle "istituzioni" come "corte" dei dignitari ecclesiastici della chiesa dell'informazione, come celebranti di un rito nel quale l'alternativa che viene data è quella di accettare - appunto - il ruolo di membri della corte attorno al sovrano giornalista o dar vita a risse anziché di corte di cortile".