Roma, 27 novembre 1997
Per Giorgio Inzani - un medico "privato" che da anni cura, anche gratuitamente, decine di tossicodipendenti, con abnegazione e capacita' che gli e' stata quest'oggi riconosciuta pubblicamente da numerosi consiglieri regionali della Lombardia - la Procura di Milano ha richiesto il rinvio a giudizio per "spaccio di droga". Era sotto inchiesta per le prescrizioni di farmaci sostitutivi effettuate negli ultimi anni, dopo avere lottato, con successo, in sede civile e amministrativa, perche' gli fosse riconosciuta una piena potesta' terapeutica. Dunque, uno di quegli operatori che davvero meriterebbe l'encomio (con applauso commosso) che nelle tribune - soprattutto televisive - del potere e' riservato a tutti i "professionisti" della lotta alla droga, per la Procura di Milano merita la galera.
In Italia, l'obbligatorieta' dell'azione penale imporrebbe di aprire tonnellate di procedimenti per omissione di soccorso ed omicidio colposo nei confronti dei responsabili e degli operatori di decine di servizi "pubblici", che - a differenza del "privato" Inzani - rinunciano deliberatamente a praticare i trattamenti, che pure la scienza e le leggi metterebbero loro a disposizione, ed abbandonano sulla strada decine di migliaia di tossicodipendenti, appaltandone il "mantenimento" - a spese quanto mai "pubbliche" - alla criminalita' organizzata. Fino al 1993, l'omissione di soccorso era imposta per legge. Dopo il nostro referendum, che ha abolito il divieto delle cure "a mantenimento" nei confronti dei tossicodipendenti, l'omissione di soccorso e' perlomeno tornata ad essere un reato - da perseguirsi "obbligatoriamente" - di cui non possiamo rinunciare a chiedere la contestazione.
Come i fatti dimostrano, la Procura di Milano - grazie alla discrezionalita' ed arbitrarieta' dell'azione penale - contesta invece come reato l'applicazione della legge e dell'esito referendario. Vorrebbe, cioe', che si amministrasse giustizia in violazione delle leggi. Vorrebbe processare tutto: la deontologia medica, la volonta' popolare, i diritti dei cittadini medici e tossicodipendenti. Questa situazione si chiarira' - speriamo - davanti al Gip, perche' confidiamo che comunque il Tribunale di Milano non voglia coprirsi di ridicolo. Ma, gia' oggi, il caso-Inzani chiarisce la natura criminogena ed eversiva di un regime - quello proibizionista - che infischiandosene dei diritti, dei saperi, delle conoscenze e delle conseguenze del proprio "rigore", finisce per infischiarsene anche del Diritto e del rispetto delle leggi.