di Alberto Contri
(da: "L'Unità" del 3 gennaio 1998)
Da attento osservatore dei mass media per motivi professionali strettamente legati ai fatti pubblicitari e promozionali, mi sento direttamente chiamato in causa nella questione riguardante la situazione di Radio Radicale, di cui per necessità sono un altrettanto attento ascoltatore. Essendo tale radio, strumento portante della propaganda radicale e pannelliana, pronta a mutuare dalle tecniche di comunicazione commerciali tutto quanto può servire al proprio scopo, ritengo sia utile porre in rilievo alcune notevoli contraddizioni che nell'attuale dibattito vengono totalmente dimenticate. Quando affermo di essere ascoltatore per necessità, intendo dire che non trovo altrove una rassegna stampa così completa la mattina presto, come non trovo altrove radiocronache dirette o registrate di tutti gli eventi parlamentari e politici che la radio trasmette da molto tempo. E questo va a merito di Radio Radicale.
Quello che però trovo intollerabile è l'atteggiamento di larga parte del giornalismo e dei parlamentari italiani in merito alla questione del trasferimento della concessione delle dirette parlamentari alla Rai. Illustri commentatori sostengono che Radio Radicale ha sempre svolto questo lavoro in modo "ineccepibile e imparziale". C'è di che trasecolare di fronte a questo nuovo conformismo trasversale. E vediamo perché. Nello spot di autoproduzione che va in onda continuamente, Radio Radicale si definisce come "l'unica radio riconosciuta di interesse generale " eccetera. E per fare questo riceve un bel finanziamento pubblico. Grazie a questo finanziamento si mantiene come "organo della Lista Pannella" come recita lo stesso spot.
La propaganda trapela ad ogni istante. La stessa rassegna stampa - a seconda dei commentatori- è ricca di intonazioni beffarde, motteggi, battute, interpolazioni, che ne fanno trasparire la lettura perennemente ideologica ed organica al pensiero pannelliano. Basta ci sia una riga da qualche parte su questioni utili per fare propaganda alle idee del movimento radicale, e - soprattutto di recente- la prima mezzora se ne va su tale argomento.
Ma c'è un esempio assai emblematico di come Radio Radicale intenda l'ineccepibilità del proprio servizio. Quando il Governo stava per cadere sotto le minacce di Rifondazione Comunista, il dibattito al Senato (servizio principe per il quale l'emittente riceve un finanziamento pubblico) fu trasmesso in differita, per fare posto alla ben più importante - per l'emittente - diretta della restituzione promozionale al popolo delle banconote da cinquanta mila.
Un solo altro esempio, altrettanto emblematico del servizio ineccepibile. Forte della propria condizione di quotidiano radiofonico, durante le elezioni,
Radio Radicale si dichiarava svincolata dal silenzio elettorale obbligato a tutti i partiti. E' vero che si ammettono le opinioni di chiunque, ma è comunque un metodo per fare propaganda fino all'ultimo minuto anche se con risultati piuttosto scarsi.
Non cito altri esempi, ma il tanto sbandierato archivio di Radio Radicale ne è pieno. In buona sostanza ci troviamo quindi di fronte ad una emittente di partito, che, sta in piedi in buona parte grazie ad una pubblica elargizione (tant'è che si afferma che venendo meno tale finanziamento la radio chiuderebbe ), che entra ed esce dalla "legalità" - parola tanto cara a Pannella e alla Bonino - a seconda delle proprie convenienze politiche e propagandistiche. E che lascia trasparire una concezione del servizio pubblico curiosamente all'opposto di quello che Pannella sembra auspicare per la Rai: a fronte di un finanziamento proveniente dalle tasche di tutti i cittadini, per una parte del tempo si dia voce a tutti, purché i microfoni siano sempre e comunque a disposizione per qualsiasi esigenza o battaglia che interessa il movimento radicale. Ed è su questo curioso tipo di contratto - ben lontano dal servizio pubblico - che il conformismo dilagante sembra voler evitare ogni riflessione.
Visto che di contratto abbiamo parlato, sembra ulteriormente curiosa la pretesa di indennizzi assai elevati, visto che comunque molto lavoro è stato fatto già con il denaro pubblico, grazie al quale peraltro è stata in piedi anche la parte propagandistica dell'emittente.
Mi immagino già gli strilli su queste riflessioni soprattutto di quanti si affretteranno ad annoverarsi tra i killer della diversità e del pluralismo. Ma da quando in qua tutta la "diversità" e la ricchezza delle sfumature politiche e culturali del nostro paese risiede solo nel movimento radicale?
Se c'è questo pensiero conformista sulla questione di Radio Radicale, probabilmente è perché il Potere ( e con la P maiuscola si intende qualunque potere al momento preponderante nella politica, nel giornalismo, nei mass media) ha sempre ed inevitabilmente - ma è anche umano - qualche coda di paglia; così che si finisce per fare di ogni erba un fascio e si legittima come unica opposizione degna di essere ulteriormente finanziata quella "radicale, liberista e libertaria". Mah: forse ci vorrebbe un'antitrust per le minoranze politiche e culturali ancora e assai meno rappresentate della cultura radicale, e magari non meno importanti Ma tant'è. Con tutta probabilità si può applicare tout-court a questo momento di assoluto conformismo quanto ha detto Sir Anthony Grant, commentando sul Daily Telegraph il comportamento dei londinesi di fronte alla tragica scomparsa di Lady Diana: "Avevo già segnalato diversi anni fa che la nostra sarebbe presto diventata la società delle tre H: "Hypocondriacs, hipocrites and hyste
rics". Nelle ultime settimane soprattutto le due ultime caratteristiche sembrano aver preso il sopravvento".