Roma 23 aprile 1998
Il Senatore Piero Milio, componente della Commissione Giustizia del Senato, ritiene che la tanto sospirata riforma sui pentiti non porterà da alcuna vera innovazione.
Un importante cambiamento nella gestione dei collaboratori di giustizia può avvenire se si tiene distinto l'aspetto della tutela e del controllo dei pentiti, affidandolo a determinati uffici della pubblica amministrazione, da quello giudiziario. La legge in esame invece vuole continuare a mischiare, in una sorta di calderone, gli aspetti amministrativi con quelli giuridico processuali. In questo modo si continua a fare del pentito un ostaggio delle procure che non solo indagano ma decidono sostanzialmente anche l'ammissione o meno di un pentito allo speciale programma di protezione.
Se per un verso si può capire l'atteggiamento delle "sinistre" che praticamente tutelano lo "status quo", è molto preoccupante che la "destra" non colga le conseguenze di quanto sta avvenendo.
Anzi, addirittura propone che un aspirante pentito, nel denunciare i beni frutto della sua attività criminale, possa indicare anche beni non in suo possesso. In questo modo chiunque potrebbe vedere sequestrati i propri beni sulla base di una semplice affermazione di un pentito che lo indicasse come "interposta persona". Sarà a carico del proprietario dimostrare poi come ha potuto onestamente acquistare quanto in suo possesso.
Non è forse il caso che proprio chi ha avanzato simili proposte non debba, subito, pentirsi?