Roma, 14 luglio 1998

Ci auguriamo che la visita del Ministro Dini ad Algeri non chiuda semplicemente l'epoca della "diplomazia parallela", affidata alle organizzazioni umanitarie ed ecclesiali, che ha avuto spazio e ruolo politico preminente proprio in virtù dell'assenza di una politica estera italiana ed europea rispetto al mondo arabo e alla situazione algerina.

L'auspicio è che, in concreto, nella sostanza, questa visita preluda ad una politica altra e diversa da quella suggerita dalle mediazioni di Sant'Egidio.

Da tempo sosteniamo che l'ipotesi di un accordo e di una pacificazione, che nasca dal compromesso fra le esigenze del regime di Zeroual e delle organizzazioni eversive è una illusione tragica, che porta con sé conseguenze altrettanto tragiche. La strada per la transizione democratica, ad Algeri come in tutto il mondo arabo, passa attraverso la cruna d'ago, stretta ma inevitabile, di riforme politiche ed economiche radicali.

Il regime di Zeroual è stato, negli scorsi mesi, oggetto di una campagna forsennata di denigrazione politica, a partire dal Parlamento Europeo, sino ad essere presentato come responsabile anche delle azioni compiute dalle organizzazioni dell'estremismo islamico. Fu un errore e una concessione sciagurata a una retorica terzomondista e antidemocratica.

Oggi, speriamo che il regime algerino torni a essere severamente giudicato e trattato sulla base dei propri atti e dei propri impegni; la riapertura delle relazioni politiche con l'Algeria può diventare quindi un significativo banco di prova non solo per il regime di Zeroual, ma anche per la politica estera italiana ed europea.