L'INTERVENTO
DI MARCO PANNELLA
D'ALEMA, MORANDI E LE "SPARATE" SUI VIETCONG
Il vecchio tumore della storia antiliberale e antiamericano, portato dalla storia dei comunisti, italiani inclusi, e dei loro compagni di cultura e di strada, si va oggi metastizzando in ogni fibra della nostra società dalla scuola al tempo libero, dalla "politica" alla "cultura", senza sosta, irresistibile; letteralmente di giorno e di notte, ovunque e sempre.
Il Presidente del Consiglio italiano e Gianni Morandi uniti l'altra sera nel cantare dinanzi ad una platea di dieci milioni di italiani (incubo finora riuscito nel nostro paese solo negli anni trenta) la moderna tragedia di un giovane perdente, che "viene dall'America" costretto in nome della libertà a "uccidere vietcong" ("uccidere vietcong" non "uccidere"; uccidere i "buoni", insomma, per conto dei "cattivi"), questo fatto di cronaca "musicale", dunque, è anche un "grande evento", un suggello apposto su una menzogna anche ormai "di stato".
Una politica che diventa, così, "cultura" di massa e di Stato assume una natura terroristica, criminalizzante tutto quello che non è omologo, contro di essa non può esservi che "dissenso" e dissidenti, non la dignità di una "opposizione"; ed è naturale quindi che la si condanna alla clandestinità come di una vergogna per la "parte sana" della nazione, e del mondo.
La guerra indocinese, vietnamita è stata atroce, barbara, disumana; è stata, insomma, certamente, una guerra. E l'"America" solo l'America continua da decenni a mostrare al mondo che il proprio anche di questa "sua" guerra, di tutte le guerre, di qualsiasi guerra di questo secolo, anche le "migliori", non sono che infami tragedie, anche per quanti le vivono in difesa necessariamente violenta della umanità, della libertà, del diritto e dei diritti.
Gli "americani", e solo loro, continuano, con un crescendo assordante, con cinema, televisione e ormai il digitale, a mostrare e raccontare miserie, infamie, omicide e suicide, che essi sentono la responsabilità di avere vissuto e fatto vivere.
Anche per questo, da nonviolento gandhiano e da radicale, sono di nuovo tanto di nuovo grato all'America quanto nemico dei pacifisti a senso unico. "Uccidere i vietcong" era sì "uccidere", ma niente affatto l'"uccidere i "buoni", da parte dei "cattivi". La storia ha ormai indiscutibilmente mostrato e dimostrato che "i vietcong" e i loro eredi hanno rappresentato e rappresentano nemici feroci e vittoriosi della libertà, del diritto, della vita civile del proprio popolo, da loro condannato ad essere "indipendente" solamente dalla civiltà democratica e pacifera nel mondo.
Non a caso, in convergenza storica con i cattivi americani e francesi, i monaci nonviolenti, buddisti, popolarissimi e amati, i nostri amici di allora, furono sterminati dai comunisti, dai vietcong.
E da allora in Vietnam la miseria materiale e morale del regime comunista e vietcong, dopo le stragi che la "storia" dimentica, ha costretto centinaia di migliaia di persone all'esodo, non di rado con la probabile destinazione della sepoltura nel mare; ben prima che albanesi e kosovari!
L'Italia - quella della prima fase della prima repubblica attuale - fu, con le scelte delle sue istituzioni e quelle politico-istituzionali del suo popolo dalla parte del mondo della libertà e della democrazia, non da quella dei vietcong e dei comunisti. Non con quella "parte" dei criminali di guerra; ma con l'altra. Rivendico questa storia del mio paese, e mia, politica e personale. E protesto formalmente contro il messaggio che la RAI-TV, il Presidente del Consiglio e Gianni Morandi hanno ieri, inconsapevoli e irresponsabili, subliminalmente, e non troppo, lanciato soffocando con la propria storia quella della verità e del paese.