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Partito Radicale Rinascimento - 18 marzo 1999
Rassegna Stampa: Da "Liberal" del 18 marzo 1999 pagina 7

CHE POVERI PENSIERI CONTRO LA BONINO

Persino la Mafai teme che la candidatura di Emma possa "azzerare i partiti". Ma è una posizione incomprensibile: la democrazia si nutre anche così

Di Gianfranco Pasquino

Il 17 settembre 1998 liberal pubblicò un mio articolo nel quale, avendo preso sul serio, come si deve, l'affermazione di Giuliano Amato che al Quirinale poteva/doveva andare una donna, suggerivo una candidatura di Emma Bonino. Non una donna qualsiasi, ma una donna con una corposa biografia sociale e politica, attivista dei diritti e delle libertà, parlamentare nazionale ed europea, sponsor del Tribunale internazionale dei diritti dell'uomo e, ultimo ma tutt'altro che infimo, apprezzatissima Commissaria europea. Allora, le reazioni furono incuriosite, ma tiepide, sottovalutando due elementi: l'interesse delle cittadine e dei cittadini per una candidatura di indubbio prestigio e di notevole popolarità (che sia, oppure no, in grado di vincere un'elezione diretta lo si potrebbe vedere se i partiti concedessero graziosamente questa riforma); la sottovalutazione ad opera dei partiti già impegnati nella loro opaca campagna di avvertimenti trasversali, di insinuazioni, di veleni, di candidature premature fatte per e

ssere bruciate che, da qualche tempo, caratterizza le campagne per l'elezione del presidente. Dall'8 marzo, inizio della campagna "Emma for President", la preoccupazione dei partiti è cresciuta ed è aumentata la dose di critiche rivolte al metodo: non c'è l'elezione diretta, dicono i meno aggressivi, c'è il rischio della deriva plebiscitaria, scrivono i più conservatori, e alla sostanza.

Le critiche di sostanza sono, al tempo stesso, le più utili, perché prendono sul serio una candidatura seria come quella di Emma Bonino, e le più discutibili, perché nascondono una concezione della democrazia tanto povera quanto partitocratica. Eccole: primo, la Bonino rappresenterebbe il tentativo di distruggere i partiti. Troppo onore credo che si dovrebbe replicare facendo rilevare come i partiti siano già oggi organizzazioni prive di nerbo, spesso guidate da oligarchi privi di consenso, e aggiungendo che, forse, sotto sfida, i partiti potrebbero finalmente riformarsi, snellirsi, mettersi in contatto con i loro elettori. E incomprensibile, al proposito, come Miriam Mafai ( la Repubblica, 8 marzo) riesca a pensare che la semplice candidatura della Bonino possa pervenire addirittura ad "azzerare" i partiti. Se così fosse, i partiti esistenti sarebbero già pericolosamente vicini allo zero.

Secondo, dietro questa stanca e rituale difesa dei partiti che ci sono, che sono quello che sono, si trova la concezione partitica della democrazia che si fonda su una lettura errata dell'art. 49 della Costituzione. Sono i cittadini che si "associano liberamente in partiti", non i partiti che assorbono tutte le energie politiche dei cittadini. Dunque, i cittadini e le cittadine sono legittimati a svolgere attività politica anche uti singuli e in associazioni di vario tipo, come sostengono anche, talvolta con troppo acritico zelo, gli estimatori del volontariato. Anzi, una democrazia funziona bene proprio quando i partiti selezionano personale per le cariche politiche e non occupano le istituzioni e quando cittadine e cittadini intervengono attivamente sulla scena politica, in prima persona oppure organizzandosi ad hoc, su obiettivi precisi che perseguono per tempi determinati. In questo modo si innerva la democrazia e la si mantiene viva e vitale anche quando i partiti si adagiano nella distribuzione di riso

rse e di cariche. A maggior ragione è da apprezzare questa attività della cittadinanza quando la competizione politica fosse decisamente bipolare.

Sulle scelte binarie, che non capisco perché dovrebbero essere criticabili da chi ritiene che sono le democrazie maggioritarie e bipolari l'obiettivo da conseguire, è sempre opportuno che si esprimano i cittadini. La loro partecipazione non si configura mai in termini di "scorciatoie segnate dalla confusione e dalla demagogia", come leggo con sorpresa e tristezza nel citato articolo di Mafai. Al contrario, l'indicazione è chiara, argomentata e sottoposta al vaglio dell'opinione pubblica, anche quella che si esprime nel quarto potere. E del tutto consono ad una democrazia funzionante consentire ai cittadini di intervenire con varie modalità, in tempi diversi, usando strumenti appropriati al fine di comunicare preferenze e informazioni ai loro rappresentanti eletti, per criticarli, per prospettare alternative. Comunque, se la candidatura di Emma Bonino solleva interrogativi così radicali sulla natura, sulla dinamica, sulla trasformazione della democrazia, ha già dimostrato effetti positivi. Il resto è ancora n

elle mani e nelle menti dei cittadini e delle cittadine che non pensano di avere dato nessun mandato definitivo ed esclusivo ai partiti e ai parlamentari, molti dei quali trasformisti, e che si attivano per comunicare ai partiti e ai parlamentari quali sono le loro preferenze per la carica più elevata della Repubblica italiana.

 
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