Roma, 22 marzo 1999
"Noi non siamo Rifondatori Comunisti che strillano come dannati se viene, nell'una o nell'altra occasione, oscurato, affievolito, qualche proprio privilegio o diritto, e sono come gli altri, se non peggio, quando si trovano ai posti di comando, di potere, o di sottopotere, per cinismo o per intolleranza, come accadeva con il Curzi di telekabul o di Tmc. Come accade dinanzi al persistere del 'genocidio culturale dei radicali', sul quale non hanno speso nemmeno un sospiro elegante o una parola di cordoglio.
Tanto noi siamo 'liberisti'.
Ciò detto occorre denunciare il grado di manipolazione, di regime e antigiornalistico, ormai raggiunto da TG1. Nella loro falsificazione sistematica, una 'cultura', dell'informazione riescono ad essere ineccepibili. Come oggi quando, avendo dovuto mostrare il dissenso contro il dittatore cinese e i poteri italiani in tre occasioni ed in tre luoghi, sono riusciti a non menzionare nemmeno la parola 'radicali'. La redazione e i tecnici (o l'uso e l'abuso del loro lavoro) di TG1, al pari del resto della Rete, possono insegnare agli uomini di Pechino come si possono trattare impunemente le forze del dissenso con efficacia comunista (o fascista, si parva licet).
Commissione di Vigilanza, Garante dell'editoria, (della 'giustizia' - con rispetto parlando - non tien conto porsi nemmeno una retorica domanda) non hanno più nella da dire, osservare, fare.
O aspettano che in difesa di un minimo ma davvero minimo, di dignità e di legalità, 'i radicali' tornino a scioperi della fame e della sete alle loro lotte trentennali di stampo resistenziale, 'antifascista' (traduzione italiana di 'anticomunista').
L'episodio, che oggi denunciamo, sia ben chiaro, non è che una goccia di distillato del mare di regime".