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Partito Radicale Rinascimento - 25 marzo 1999
Articolo su "Mercati e Finanza" del 24/03/99 di Franco Bechis

Marchini cede il 30% della editrice, e Pannella vende Radio radicale.

L'UNITA' ADESSO TORNA IN MANO AL PDS

Botteghe Oscure torna in maggioranza nella casa editrice del giornale insieme alla fondazione italiani ed europei di Giuliano Amato, Giuseppe Tamburrano e Giuseppe Vacca. Nel capitale anche una mini-cordata di imprenditori lombardi di riferimento. Marchini acquista (e il Pds esce) invece la maggioranza di una nuova società per la distribuzione dei prodotti multimediali e dei giornali telematici. Grandi vendite anche in casa radicale. Cedute per 10 miliardi le frequenze di Radio radicale 2, si tratta sulla prima rete (Radio parlamento) con Mediaset, Rcs editori e altri gruppi radiofonici. Al momento, l'offerta si aggira sui 60 miliardi di lire, ma è relativa solo a frequenze, concessione e rete di trasmissione. In vendita anche la sede storica del partito (in Largo di Torre Argentina), il provider Internet Agorà e la società di monitoraggio radiotelevisiva, Centro di ascolto SpA.

(Bechis a pag. 4)

Piccolo terremoto nel settore dell'editoria di partito: anche i radicali venderanno la radio.

PDS RIACQUISTA L'UNITA' DA MARCHINI

Torna in maggioranza il partito insieme alla fondazione presieduta da Giuliano Amato, Giuseppe Vacca e Giuseppe Tamburrano. Mentre Marco Pannella & Co. Puntano a incassare 100 miliardi dalle attività editoriali.

Un piccolo terremoto sta scuotendo le fondamenta del'editoria di partito. A nemmeno un anno dall'inizio del processo di privatizzazione cambia l'azionariato dell'Unità editrice multimediale, con il sostanziale disimpegno dell'industriale Alfio Marchini che ne era divenuto socio di maggioranza relativa. Mentre il prossimo 2 aprile il partito radicale annuncerà per bocca di Paolo Vigevani l'avvio della vendita di Radio radicale uno e di altre partecipazioni storiche del partito, mobiliari e immobiliari, nonché la conclusione del contratto di cessione delle frequenze di Radio radicale due per circa 10 miliardi di lire a un network radiofonico italiano con azionisti esteri. Che l'editoria di partito non stesse vivendo una stagione particolarmente fortunata era ampiamente noto, così come la crisi del quotidiano L'Unità che sta vivendo da mesi nel mezzo di un grande processo di ristrutturazione. La filosofia delle due operazioni sembra però diametralmente opposta: mentre il gruppo editoriale che ruota intorno a Ra

dio radicale ha dimostrato in questi anni grande dinamicità e capacità di sfruttare a fondo la multimedialità, il progetto originale di rilancio dell'Unità editrice multimediale si è sostanzialmente arenato di fronte ai gravi problemi del quotidiano che ne hanno bloccato interamente lo sviluppo.

La conclusione è stata dunque un sostanziale ritiro di Marchini dal gruppo, con la cessione di oltre il 30% della quota di capitale il cui acquisto era stato formalizzato nel maggio 1998, rimanendo con la finanziaria Asset a non più del 15%. E la riconquista della maggioranza relativa del capitale da parte degli azionisti di natura politica. Con il Pds che, in attesa di risolvere la sua sostanziale crisi di liquidità che fino ad oggi gli ha impedito di sostenere la ristrutturazione del giornale, salirà nuovamente al 35% del capitale sociale e la Fondazione italiani europei di Giuliano Amato, Giuseppe Tamburrano e Giuseppe Vacca che aggiungerà a quella quota un ulteriore 6%.

Resterà al momento invariata la quota del 24% detenuta dalla famiglia Angelucci di Roma (cliniche) attraverso la finanziaria Tosinvest che a fine '98 aveva permesso al Pds attraverso un prestito ponte di ricapitalizzare le perdite dell'Uem. Il restante 20% del capitale Uem sarà collocato invece presso un pool di imprenditori lombardi di area Ds grazie a intese che sono già state raggiunte con i diretti interessati, ma che non sono state comunicate formalmente all'ufficio del Garante per l'editoria. Tutte operazioni tenute riservate all'interno di Botteghe Oscure.

Ancora ieri mattina a MF il tesoriere del partito, Francesco Riccio, sosteneva di esserne "all'oscuro. Le avrà decise Marchini, che aveva questa possibilità secondo gli accordi iniziali. Comunque il riassetto azionario non ha nulla a che vedere con la situazione finanziaria dell'editrice, che è anzi migliorata, dimezzando, sostanzialmente le perdite dell'anno precedente. E negli ultimi tempi aumentando anche le copie".

La minirivoluzione (o meglio, restaurazione) nell'azionariato Uem non porterà grandi vantaggi finanziari al quotidiano di partito. Anche perché gran parte dell'operazione è avvenuta attraverso uno scambio di partecipazioni e una piccola scissione azionaria. Che ha portato alla cessione di un ramo di azienda della Uem, quello destinato allo sviluppo dei servizi multimediali e alla confezione, annunciata ma non ancora realizzata, di giornali telematici, a una nuova società (quella che edita i prodotti con marchio L'U) nel cui capitale non figura più il Pds, ma solo il pool di soci privati della Uem. E cioè la Asset di Marchini (50%), la Tosinvest (40%) e la cordata di piccoli industriali lombardi (10%).

Diametralmente opposta l'operazione guidata dal partito radicale e spiegata a grandi linee da Paolo Vigevano durante un'assemblea dei dipendenti di Radio Radicale. L'obiettivo di Marco Pannella & C. è infatti quello di massimizzare il valore delle partecipazioni storiche del partito per ricavare circa un centinaio di miliardi di lire da destinare all'attività politica vera e propria e quindi alla rifondazione del partito radicale (magari proprio ritagliando un nuovo partito sulla figura di Emma Bonino, non dovesse rimanere nella Ue o riuscire nella difficile impresa di diventare presidente della Repubblica).

Incassati i primi dieci miliardi dalla vendita delle frequenze di Radio radicale due (quelle dove attualmente vengono trasmesse le sedute degli enti locali e i grandi processi), Vigevano sta valutando come ottenere l'obiettivo della somma finale da incassare con la possibile vendita di quattro partecipazioni. La più importante è quella di Radio radicale uno, per cui sono state avviate da tempo trattative con altri gruppi radiofonici, da Mediaset alla Rcs editori interessata a sbarcare in un settore dove sono già presenti suoi diretti concorrenti. Secondo quanto risulta a MF le offerte riguardano generalmente solo concessione e frequenze e la valutazione della rete si aggira sui 50-60 miliardi di lire. Naturalmente Vigevano vorrebbe vendere l'intero blocco: frequenze, rete di trasmissione, personale specializzato, archivio e convenzione con il parlamento (valore: 10 miliardi all'anno fino alla fine del 2000, eventualmente rinnovabili). In alternativa il partito radicale potrebbe congelare le trattative per la

radio, cercando invece una partnership di altri gruppi editoriali (in grado comunque di fare conservare gli 8 miliardi annui della presidenza del consiglio per l'editoria di partito), e mettere sul mercato altre tre partecipazioni storiche.

La prima, forse la più semplice, è la vendita della sede di piazza Argentina, che potrebbe ancora essere affittata al partito. La seconda è la vendita di Agorà, il provider storico su Internet che gestisce sia il sito politico che quello di Radio radicale, dove si sta sperimentando grazie all'enorme disponibilità di materiale di archivio anche la prima televisione istituzionale via Internet (attraverso la formula del video on demand, al momento gratuita). La terza è la vendita del Centro radiotelevisivo di ascolto, che censisce tutte le trasmissioni radio e tv nazionali e una buona rosa di quelle internazionali, controllando fra l'altro la par condicio grazie a due convenzioni istituzionali con Rai e Authority tlc. (riproduzione riservata).

Roma, 25 marzo 1999

 
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