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Partito Radicale Rinascimento - 11 febbraio 2000
SECOLO XIX
INTERVISTA A EMMA BONINO

Venerdì 28 gennaio 2000 pag. 5

Parla Emma Bonino

Berlusconi vuol rifondare la DC e il centrosinistra ha i vizi del Caf

Roma- L'impegno sui referendum radicali, dalla legge elettorale al sistema sanitario, non impedisce ad Emma Bonino di scandalizzarsi per il "teatro", come lo definisce essa stessa, su cui si svolgono altre rappresentazioni. Liquida la legge sulla "par condicio" e il brutto clima intimidatorio che è creato, con qualche parola sprezzante:

"Francamente, è una legge ridicola, come è ridicolo il modo di opporvisi. Si sono spartiti la Rai, governativa, e Mediaset, berlusconiana. Poi si accapigliano su questa legge. Ebbene, io dico che il problema è tutt'altro: è di far funzionare correttamente il sistema pubblico. Di fare in modo che la Rai informi correttamente. Il resto viene da sé".

L'altro argomento sulle prime pagine è la commissione per Tangentopoli. Avrà visto che si è subito scatenata una certa lotta per la presidenza.

"Tra chi, centrodestra e centrosinistra? Craxi aveva ragione quando diceva che tutti avevano il vizio, anche se poi utilizzava questa constatazione per scambiare un comportamento diffuso con un comportamento legittimo. Se, parlo per assurdo, volessero far le cose per bene, la presidenza della commissione dovrebbero affidarla a noi, che non siamo stati mai neppure sfiorati dagli scandali. Anni fa, parlando di finanziamento pubblico ai partiti, io scrissi una lettera all'allora presidente della Camera, Nilde Iotti. Dicevo che con quelle regole, senza certificazioni serie, i bilanci dei partiti non erano credibili, e potevano nascondere finanziamenti illeciti. Lo sa che cosa mi rispose, per scritto badi bene, Nilde Iotti?

Che non poteva fare altrimenti, per non mettere in imbarazzo i partiti".

All'appello di Berlusconi per un "fronte comune" come nel '48 lei ha dato una risposta secca: "non torniamo al passato" .Altri però (Fisichella di An) dicono che non è il passato del dopo guerra ad interessare Berlusconi, ma quello più recente del Caf, il sistema di potere Craxi-Andreotti-Forlani, che si vorrebbe far rivivere. Qual è il suo atteggiamento?

"Noi radicali lo diciamo già da un pezzo che il progetto politico di Berlusconi è quello di rifondare la DC, nel modo e nella misura che gli sono possibili. Sulla scena italiana e su quella europea, dove Berlusconi si è dato un gran da fare per essere ammesso nella famiglia popolare-democristiana. Ricorderò che fu Helmut Kohl, durante un viaggio a Roma ad inizio 99 a dare a FI una investitura che oggi rischi di essere imbarazzante. L'accenno al "fronte"? una caduta di stile, una gaffe, una sciocchezza insomma.

Certo che a Berlusconi piacerebbe ridare vita a un nuovo Caf e gli italiani rischiano effettivamente di doverlo subire. Detto questo, va ammesso che il centrosinistra che abbiamo oggi porta con sé molti vizi, e non dei minori, che caratterizzarono il regime del Caf. Vedo dietro la vocazione democristiana di Berlusconi una certa pigrizia intellettuale, una mancanza di creatività politica ispirata, da un lato, dalla certezza che Berlusconi ha di vincere le prossime politiche, e dall'altro lato dalla sua visione imprenditoriale della politica: per lui allargare i confini del suo "consorzio" è più importante che innovare".

E' oggettivamente difficile individuare quale ruolo Cossiga voglia ritagliare per sé nella vita politica. Lei può farlo?

"Nel vuoto di idee cui assistiamo, grazie ai "poli", di destra e di sinistra, la lotta politica si riduce al teatrino quotidiano, tutto interno al palazzo, delle battute e dei complotti, veri e presunti. In quest'arte eccelle una vecchia volpe come Cossiga, che sembra quasi fare politica quasi per hobby, ma che invece parla conoscendo meglio di tutti i segreti del Palazzo: che non si porta dietro un solo elettore (tanto non è ha bisogno) ma giornali e televisioni che vanno pazzi per i suoi giochi di prestidigitazione politica. Lo dico con una certa rabbia, pensando a quanto dobbiamo faticare noi per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sui referendum sulla nostra azione".

Lei si riferisce al fatto che i giornali e tv non hanno ripreso le note radicali sul referendum contro il reintegro?

"Certo, e non solo. Insomma noi vogliamo abolire l'obbligo del puro e semplice reintegro per mano del pretore, introducendo la possibilità per il lavoratore di accettare una indennità, che può arrivare, fino a 14 volte lo stipendio lordo. I sindacati si sono messi a strillare che questa era "libertà di licenziare ". Una menzogna. E adesso che cosa si scopre? Che con la legge 108 del 90, le "organizzazioni di tendenza", cioè i partiti, i sindacati, gli enti culturali, di religione, di istruzione ecc., l'obbligo del reintegro è già abolito. Capito? I sindacati hanno già provveduto a far fuori per sé e per le loro burocrazie, quell'obbligo che non vogliono assolutamente estendere ad altri. Fanno i paladini! Mortacci loro!".

Lei, come Pannella, dice che i referendum sono un programma di governo. Però gestire i referendum, tutti assieme, mentre accade anche dell'altro, non sembra semplice. Prenda il quesito elettorale: Ds e An sono favorevoli. Al tempo stesso si preparano le elezioni regionali. Sarebbe normale che una consonanza su un tema essenziale come il quesito elettorale portasse con sé qualche consonanza politica generale. Ma questo non può essere, visto che An e Ds sono su due sponde opposte.

"Le battaglie referendarie sono per definizione trasversali. Se si arriverà al voto, ancora una volta elettori di entrambi i fronti agiranno secondo coscienza e, verosimilmente, spiazzeranno i partiti. Spiace di assistere alla conversione al proporzionale di personaggi come Berlusconi, Casini, Cossiga ed altri ancora che fino a un anno fa sembravano pensarla diversamente".

Quanto ai referendum "sociali", sono schierate contro alcune forze politiche che invece sono favorevoli al quesito elettorale. Il che è assolutamente legittimo, persino normale. Ma lei non vede il pericolo che questo intersecarsi di si e di no porti ad un malessere nell'opinione pubblica, e alla fine si risolva in una stanchezza, madre dell'astensionismo, che resta il più grande nemico dei referendum?

"Elettori come i nostri, costretti a raccapezzarsi fra una quarantina di partiti fatti "in copia", non hanno nessuna difficoltà ad orientarsi fra una ventina di quesiti referendari ben distinti uno dall'altro. Io credo che proprio la molteplicità dei temi e degli interessi in gioco ridurrà l'astensionismo, perché mobiliterà settori differenziati della società ed esalterà la maturità del cittadino-elettore. Troppi referendum? Non è colpa nostra se i governi e i parlamenti hanno lasciato dietro di se tanti nodi da sciogliere tutti importanti e tutti urgenti.

Insomma, non si vive di soli referendum. O si?

"Certo che no. Ma perché il nostro paese possa passare dal deprimente chiacchiericcio di oggi da una politica basata sui fatti e sulle idee bisogna aspettare di avere un parlamento con due o tre partiti chiaramente distinguibili da parte degli elettori, portatori di due o tre programmi diversi e alternativi. Quel giorno cesserebbe l'emergenza referendaria e anche noi radicali potremmo forse dedicarci ad una azione politica meno "stridente" rispetto a quella degli altri".

Gian Luigi Capurso

 
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