Lunedì 22 maggio 2000 pag. 1Emma&Marco, la notte della sconfitta
QUELL'URNA VUOTA IN TESTA AI RADICALI
di FRANCESCO MERLO
Marco dice »sono una bestia e non ho posto per i sentimenti , ma Emma accarezza l'idea di una fuga. La salva l'ironia proustiana secondo cui »il bisogno di fuggire il mondo si soddisfa tutt'al più con un soggiorno in un rifugio alpino, di solito in un albergo di montagna .
E tuttavia con radicale ostinazione si può incassare la sconfitta e attrezzarsi per il clima arido e desertico, oppure archiviare definitivamente la lunga, gloriosa stagione dei referendum: »Nell'Italia dei professionisti del coccodrillo la storia nostra sta già diventando argomento di leggenda, materia di sogno. L'altro ieri è morta Adelaide Aglietta, molti di noi se ne sono andati e nessuno se n'è accorto. Io ci sono ancora, anche se dei nostri sette deputati europei sono l'unico al quale le banche hanno negato il mutuo sullo stipendio perché ho 70 anni e sono malato. Ma noi siamo i soli che ci siamo rinnovati anche fisicamente e anagraficamente, ci sono Della Vedova, Cappato, Capezzone..., qualcuno di loro non mi sta neppure simpatico, ma certamente sono almeno una decina i "nessuno" che tengono testa a Cofferati e anche a Berlusconi. E tutti si sono forgiati nella sconfitta. Siamo fatti così: la sconfitta ci ricarica le batterie. Insomma, proprio noi radicali che abbiamo lottato contro le etnie siamo div
entati un'etnia. Certo, ora chiuderemo la bottega. Ma ne apriremo altre. Lo avremmo fatto subito e con l' allegria della sorpresa se avessero vinto i Sì... Tra un anno faremo il partito telematico .
E per ripartire? »Abbiamo venduto i nostri averi e abbiamo debiti perché abbiamo speso 38 miliardi mentre la nostra "alleata" Confindustria ha speso solo 120 milioni. Per ripartire abbiamo i 15 milioni di italiani che hanno votato per i 7 referendum radicali. Abbiamo la nostra straordinaria radio, con un ascolto di settecentomila persone al giorno, che neppure Berlusconi riuscirebbe a chiudere. Poi ci sono i seggi europei. E c'è la reputazione di Emma e c'è anche la mia, sia pure limitata a una decina di persone, magari solo per le strade di Teramo. E, ancora, se è vero, come tutti sostengono, che nel futuro il mondo sempre più apparterrà a chi ha idee, sarà di chi vende idee, di chi è forte e ricco grazie alle idee, beh, allora... .
Chissà se è solo consolazione dire oggi che il referendum non è solo quorum e che i radicali non sono solo referendum. E' certamente vero che i radicali sono soprattutto termometri, segnalatori di temperature e movimenti sotterranei, ingegneri del comportamento politico, con la pretesa, rischiosa e difficile, di fare da battistrada al proprio tempo: »Certo, sono esausta e penso: ma chi me lo fa fare? Il Financial Times mi ha gentilmente ricordato che tutti gli altri ex commissari europei, male che vada, si arricchiscono facendo i consulenti, mentre io sono qui, a farmi sconfiggere, come Ettore da Achille, prima ancora di scendere in campo. Però è vero che i referendum non sono solo quorum e i radicali non sono solo referendum. Ho visto Segni stendersi per terra, incatenarsi e imbavagliarsi. Ho visto gli avvocati penalisti regalare a Berlusconi una toga rossa ad honorem. Ho visto la Confindustria manifestare contro il Palazzo e "pannellizzarsi", sia pure goffamente. E ormai tutta la politica italiana gira e g
irerà attorno alle idee che con i referendum radicali noi abbiano messo in circolo. Abbiamo salvato dall'insignificanza accademica alcuni dimenticati professori, forse sorgerà un gruppo parlamentare per il presidenzialismo, il bipartitismo e il federalismo. C'è oggi in Italia un'intera via lattea di idee radicali. Perciò chi cercasse pianti e disperazioni qui non li troverebbe certamente, non ci sfiora l'idea del suicidio e dei suoi succedanei, non sprofondiamo nelle lacrime né ci rifugiamo nella depressione .
La sconfitta come sconfitta di Ettore, dunque. E' Ettore il modello radicale, l'eroe eurasiatico che sapeva d'essere sconfitto perché lo avevano detto le stelle e perché il suo nemico Achille era incantato e aveva tutti gli dei e tutti i poteri a suo favore. Ettore è il mondo aperto dello scarto mentre Achille è il mondo chiuso del privilegio, delle raccomandazioni divine, degli accordi: »Berlusconi si crede potentissimo, è l'erede della partitocrazia, ma già sento dal suo stesso mondo salire il sarcasmo verso di lui, verso la marcia trionfale che lui stesso si suona e si suonerà sino alle elezioni politiche. Noi siamo stati sconfitti da una macchina mostruosa che ha esercitato un controllo sociale del voto, attraverso i sindacati, le istituzioni, il mondo democristiano, Bertinotti e Berlusconi... Tutti insieme. E nel Nord dei sindaci il controllo del voto è stato esercitato dall'altoborghese Berlusconi alleato con i nuovi fascistelli della Lega .
Ma Ettore non è solo l'eroe sconfitto che salva il valore del rischio, l'eroe della Storia come bivio o quadrivio, è anche colui che anticipa e annuncia la morte dello stesso Achille: »Sappiamo che gli elettori di centrodestra che non sono andati a votare capiranno molto presto di avere combattuto e vinto contro i loro alleati, cioè contro se stessi, di avere ridato vita e forza all'arroganza dei sindacati, ai Bertinotti, ai Bossi, alla corporazione dei giudici... Quando se ne accorgeranno, e sarà sullo loro pelle, li accoglieremo con un sorriso radicale. Assisteremo con malinconia alla nuova Bicamerale, ma non diremo loro: ricordatevi del 21 maggio. Non rinfacceremo loro questa ferita, questa sconfitta, questa miseria di avere sparato sui loro compagni di sventura e di disgrazie .
Una sola obiezione: forse anche dietro al referendum si nasconde la vecchia concezione della politica, la politica come chiamata alle armi, la politica a tutte le ore, la pervasività della politica, la retorica della politica, il tumore della politica. Quando Ettore fu ammazzato, sua moglie Andromaca, nella rievocazione che ne fece Baudelaire, tentò di ricostruire la città di Troia, persino nei dettagli. Forse è questo il paradosso radicale: come Andromaca anche i radicali, pur essendo i gladiatori della modernità, rischiano di battere i piedi senza avanzare, di »piétiner nella nostalgia.