Roma, 1 giugno 2000
Il Senatore Pietro Milio ha presentato un'interrogazione al Ministro della Giustizia e al Ministro dell'interno e della protezione civile.
Premettendo che nei giorni scorsi è stata depositata la motivazione della sentenza con la quale il Tribunale di Palermo ha assolto il Sen. Giulio Andreotti dalla persecuzione ordita nei suoi confronti, il Sen. Milio ha ricordato che tra i fatti più eclatanti per suggestionare (e condizionare negativamente) l'opinione pubblica vi era certamente l'episodio del "bacio" che il sette volte Presidente del Consiglio avrebbe dato al capo di Cosa Nostra alla presenza, tra gli altri, anche di Baldassare Di Maggio. A questo proposito Milio fa presente che la sentenza evidenzia i "molteplici contrasti tra le dichiarazioni rese da Di Maggio nel tempo, in relazione alla collocazione temporale, alla durata e alla modalità dell'incontro, all'oggetto della conversazione". Poiché la sentenza ha dato atto, altresì, che Di Maggio" aveva persino ipotizzato di utilizzare le dichiarazioni accusatorie già rese a carico di Andreotti come una sorta di salva-condotto a garanzia dell'impunità per i gravissimi delitti che egli aveva rip
reso a commettere approfittando della riacquistata libertà seguita alla sua collaborazione" e che Di Maggio "manifestò l'intenzione di ritrattare le sue dichiarazioni a carico di Andreotti e di calunniare i PM del presente processo nell'ipotesi in cui fosse stato oggetto di provvedimenti restrittivi a causa delle nuove attività delittuose", il Sen. Pietro Milio ha chiesto di sapere se i Ministri interrogati sono a conoscenza delle valutazioni estremamente negative adottate dai giudici del Tribunale di Palermo sulla attendibilità, anche intrinseca, del pericoloso mafioso, tornato ad uccidere anche in regime di protezione statuale e le cui
propalazioni calunniose sono state da lui "vendute" a prezzo altissimo allo Stato. Ha chiesto inoltre di sapere se, e quali iniziative intendano adottare per recuperare alle finanze pubbliche le somme indebitamente dal Di Maggio riscosse quale prezzo della delazione ritenuta "assolutamente inattendibile" e maldestramente elargitegli e se, intanto, non ritengano, secondo le rispettive competenze, tutelare il credito dello Stato anche attraverso il sequestro cautelare e il successivo esproprio della tenuta agricola che il predetto Di Maggio ha ammesso di aver acquistato in Toscana e/o di porre le somme a debito dei suoi protettori, mentori e, forse, anche istigatori del mendacio.