Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
gio 01 mag. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Notizie lista Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 26 giugno 2000
Da "Il Borghese" pag. 18,19,20 02-07-2000

Sorprese

Pannella giornalista nato

Infastidito dal "Potere". Affascinato dalle "cause perse". E già ossessionato dalla "giustizia giusta". Le idee storiche del leader radicale sono nate dagli articoli scritti in gioventù per "Il Giorno". Lo rivela un libro di Valter Vecellio, che riunisce i più significativi.

di Alberto Mingardi

"Non avete idea di che cosa sia capace quest'uomo che suscita odii e amori esagerati": parola di Vittorio Feltri, che il Corriere della Sera spedì a tallonarlo per una giornata come tante di campagna elettorale. Correva l'anno 1987, per i radicali non c'era Emma Bonino, ma Cicciolina for president.

Alla fine, però, un'idea di Marco Pannella se la fanno tutti. Anche adesso che è il fantasma di se stesso, che s'è mangiato come Saturno tutti i suoi figli. Irresponsabile casinista, simpatica canaglia, ha tante facce, più o meno note. Ma ce ne mancava una: è quella del "giornalista nato".

Guardacaso, Pannella giornalista nato è il titolo del libretto curato da Valter Vecellio che riprende gli articoli del Giacinto nazionale pubblicati fra il 1961 e il '63 sul Giorno diretto da Italo Pietra. Ventiquattro corrispondenze da Parigi, scelte fra le tante confezionate in quegli anni dal leader radicale, prima dello strappo con il quotidiano milanese. Che risale a quando Pannellone s'impelagò più del necessario con la resistenza algerina. Il risultato? Perfetti scoop, pezzi veementi, ma bisognava stare attenti ai non pochi interessi della "proprietà" (l'Eni) ad Algeri e dintorni.

Vedendosi cestinare articolo dopo articolo, Pannella sbatté la porta e se ne andò. Finendo per riorganizzare il partito radicale e cominciare la lunga marcia che lo avrebbe portato all'aborto, al divorzio, a Leonardo Sciascia e Enzo Tortora, e via fino alla resurrezione e morte della Lista Bonino.

Vecellio è un altro nome storico dell'esperienza radicale: ieri capoufficio stampa a Montecitorio, oggi direttore responsabile dei Quaderni radicali dell'ex pannelliano pentito Geppi Rippa, ora tornato all'ovile. Due volte "ex". Sì, perché le amicizie di Pannella sono così. Vanno e vengono. "La vita separa. Ci si può stancare. Loro (i suoi amici, ndr), non io" diceva a Mauro Suttora, che gli ha dedicato una monografia: Pannella, i segreti di un istrione.

Non era un segreto, ma un episodio quasi dimenticato quell'inizio di carriera al Giorno cui Vecellio vuol rendere giustizia. Mettendo i puntini sulle "i", scrive che "lui, se glielo chiedete, vi dirà addirittura di credere di non saper scrivere bene; e di provare una sorta di fastidio a rileggersi. Bene: gli articoli pubblicati sul Giorno smentiscono clamorosamente questa sua affermazione".

Ovviamente, il "bello scrivere" è un po' come l'araba fenice: cosa sia ciascun lo dice, dove stia nessun lo sa. E visto che è tanto difficile pure in questo caso mettersi d'accordo (eccezion fatta per la prosa del sempreverde Montanelli), lasciamo stare.

UN BUON NASO

E sicuro, invece, che Pannella le notizie le fiutava. L'articolo con cui inizia questa agile raccolta, Arrivano i boia anche per i francesi, ne è un tipico esempio. A due settimane dalla pubblicazione de I dannati della terra di Franz Fanon, libraccio che diventerà un classico della contestazione sessantottina, il corrispondente d'Oltralpe del Giorno riesce a mettere le mani (grazie agli amici di France Soir) sulla prefazione che Jean-Paul Sartre, nientemeno, ha vergato per l'editore Maspero.

E se Pannella s'esercita in un sobrio commento di quanto scritto dal papà dell'esistenzialismo, in redazione, a Milano, prendono una cantonata, e di quelle grosse. Scambiano un articolo per un'intervista. E, suo malgrado, uno scoop. Sartre si confessa a Pannella, all'epoca ancora un signor nessuno, se non per pochi intimi.

La recensione, intendiamoci, non è nulla di particolarmente originale. Senza ancora averlo letto(per sua stessa ammissione), il nostro sposa le tesi di Fanon, se non altro perché di un intellettuale algerino si tratta. E Pannella in quegli anni s'infervora, impazzisce per l'Algeria e la sua ribellione al governo di Parigi.

"Le cose più belle mi accadeva di farle soprattutto di notte, quando andavamo in giro a scrivere sui muri slogan anti Oas ( l'Oas, tanto per intenderci, era l'organizzazione contraria all'indipendenza algerina), mentre decine di arabi venivano torturati e buttati nella Senna. E i giovani compagni socialisti si meravigliavano che un vecchio trentenne rischiasse con loro le manganellate dei poliziotti": così il leader radicale ricorda, sempre nel libro di Suttora, quel periodo.

Di lì viene poi una delle battaglie storiche, e anche meno fortunate, di Pannella. Cioè la sfida ai mulini a vento per risolvere l'annoso problema della "fame nel mondo", avventura che, se conquisterà alla "causa" il fior fiore degli intellettuali di sinistra, si rivelerà, in pratica, solo una maratona di parole vuote.

Il meglio di se, il giornalista nato Pannella, lo dà con i servizi dedicati al caso di Francesco Arancio, uno sconosciuto italo-tunisino che viveva a Marsiglia. Accusato di aver freddato un gioielliere, Arancio verrà condannato all'ergastolo: ma, assieme a un provvidenziale "turn over" del collegio di difesa, gli articoli pubblicati dal Giorno contribuiranno a far riaprire il caso.

E' in questi pezzi, per brevi che siano, che, sottolinea Vecellio, si comincia a sentire l'ossessione tutta pannelliana per la legge, il diritto, in definitiva la "giustizia". L'episodio somiglia ad un altro: nel 1973, quando per poco più di tre mesi sarà in edicola Liberazione, quotidiano radicale se andava bene a quattro, se no a due pagine, il padre-padrone del partito detterà titoli come Gianfranco Corti libero. Roba che suonava come: Mario Rossi libero, Rosaria Bianchi libera. Corti era un Carneade, nell'Italia di quegli anni. E anche oggi, chi se lo ricorda più?

Ma per Pannella Corti era l'uomo della strada stritolato negli ingranaggi del Potere, perseguitato da toghe e sbirri, nella drammaticità di una situazione di cui tutti si accorgono solo oggi, dopo Tangentopoli, i suoi suicidi, e i suoi ex primattori schiaffati in carcere, e poi fuori, e poi di nuovo dentro. Appelli contro la situazione "inumana" delle carceri, soffocate richieste d'amnistia.

PRIMA DELLA MODA

Il Giacinto, su questo non ci piove, era dalla parte di Tortora quando tutti lo mettevano all'indice. Era assieme agli anarchici "saltati" dalla finestra e ai poveri cristi condannati ingiustamente prima che diventassero di moda. Infine, lui, proprio lui che in Consiglio Comunale a Roma iniziava ogni discorso con un "Signor sindaco, colleghi ladri", s'è messo contro il giustizialismo alla Di Pietro. Sempre e comunque per la "giustizia giusta", altro bello slogan.

Ciò che più colpisce del Pannella giornalista, però, non è solo il fatto che anticipa coerentemente quello che sarà il politico e il fenomeno da baraccone. C'è di più: esce allo scoperto una sua vena sconosciuta, una sensibilità tutta particolare. Pannella intellettuale suo malgrado? Forse si. Qualche esempio. Intervista Marie-France Pizier, lolita di Truffaut. Ed è malizioso insinuante, provocatorio, con un gusto tutto suo nel porre le domande. Mettere sotto scacco l'intervistata? Non sia mai. Però la stuzzica, la costringe a dichiararsi, mette alla berlina tutto il suo perbenismo. La sua ipocrisia.

Altro giro, altra corsa: incontra la sfortunata cantante italo-francese Dalida, e il gigolò di lei, Jean Sobiewsky. Parte, così almeno pare al lettore, prevenuto. Imbevuto di tutte le dicerie che circolano nei boulevard di Parigi. Poi ribalta la prospettiva, ne esce tutto un altro quadro, Sobiewsky quasi quasi lo salva, lo rivaluta come artista e pittore, addirittura come compagno. Non una macchina (del sesso) mangiasoldi, ma un innamorato sincero.

Pannella subisce anche tutto il fascino delle avanguardie letterarie, o di quanto ne è restato. Presenta come un evento una rivoluzione, la Composition nr. 1 di Marc Sapora, scrittore che, quasi quarant'anni dopo, in Italia non si sa ancora chi sia. Il trucco del Pannella che scrive è sempre lo stesso, ormai ben collaudato. Finge di avvicinarsi ad una idea, ad un personaggio, ad una situazione da perfetto "borghese" (quale si è sempre dichiarato). Perbenista. Ligio alle regole (sic) e a certa "disciplina", anche mentale. Mentre scrive, però, semina dubbi. Inverte la rotta. Chiude ogni pezzo con in tasca una verità rivelata, antitetica a quella con cui aveva esordito e, spera, magari ha convinto anche il lettore (borghese) del Giorno. Abile escamotage o furfanteria, comunque gli riesce bene. E riassume, anzi annuncia, tutto un percorso personale e politico, che sarà poi il suo e quello dei radicali. Dalle lotte contro la fame nel mondo a quelle contro i sindacati. Da Tortora a Toni Negri e Cicciolina. Flirtan

do con Craxi o con Berlusconi, Pannella è sempre riuscito a restare lo stesso. Con tutti i suoi difetti, che non sono pochi. Con quell'intollerabile confusione mentale che fa di lui un melting pot di idee e di ideali tal volta diversi, contrapposti perfino. Ma anche quella sincera voglia di lottare cui va reso, se non altro, l'onore delle armi.

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail