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Partito Radicale Rinascimento - 6 novembre 2000
La Repubblica - Emma Bonino

6 novembre 2000 pagina 10

"Ormai la cultura laica ha lasciato il campo"

Emma Bonino critica i politici italiani: incredibile genuflessione collettiva di ANTONIO POLITO

ROMA - Onorevole Bonino, tempi duri per i laici. "E' incredibile questa genuflessione collettiva della politica italiana. Non avrei mai pensato che nel Duemila sarei dovuta andare davanti alla statua di Giordano Bruno a fare un comizio in difesa della pillola. Ma si rende conto che l'Italia sta per inventarsi l'obiezione di coscienza dei farmacisti, cioè dei venditori di farmaci? Ma le farmacie, non erano un servizio pubblico? E intanto Veltroni si commuove per il "Magnificat"". Non vorrà negare l'esistenza di una coscienza nei farmacisti? "Che la Chiesa trovi difficoltà a coesistere con la modernità e la scienza, dai tempi di Galileo alla pillola del giorno dopo, non è una novità. Nulla da ridire, fin quando esercita il suo magistero nei confronti dei credenti. Ma dove il magistero spirituale si fa azione politica integralista è quando pretende di trasformare il precetto religioso in legge, il peccato in reato. Vietando il preservativo, l'aborto e la pillola del giorno dopo, la Chiesa propugna l'ideale dell

a castità (non perseguibile per legge), ma di fatto ci ripropone i tempi bui dell'aborto clandestino". Perchè i laici hanno perso l'egemonia culturale esercitata negli anni '70 e '80? "Perché la cultura laica, soprattutto quella di sinistra, ha letteralmente abbandonato il campo. Ha delegato all'autorità confessionale il compito di rappresentare l'autorità morale. Il primo segno fu il minuetto di ipocrisie intorno al Gay Pride. Persino un uomo acuto come Giuliano Amato ha sostenuto, confondendo le masse di credenti con le masse di elettori, che ai laici mancano valori certi e alti come quelli dei cattolici. Eh no! Anch'io, laica, ho la mia carta dei valori. E ne sono fiera". Però il Papa almeno ha difeso gli immigrati dalla xenofobia della Lega. Crede anche lei che il Polo al governo ci porterà fuori dall'Europa? "La nostra fortuna è che l'Europa è più grande di Bossi: ci imbriglia tutti, e rende molto difficili derive nazionalistiche. Basterebbe questo per dire quanto è importante. Piuttosto il rischio è qu

ello che ha denunciato Prodi, che l'Europa si fermi a Nizza. Più che della Carta dei diritti, io sono preoccupata per la trattativa sul nuovo Trattato. Delors ha ragione: meglio un buon Trattato che una cattiva Costituzione. E noi rischiamo a Nizza di avere solo un mediocre compromesso, compreso sull'immigrazione". Non c'è allora un rischio-Polo, per l'Italia? "Certo che c'è. Se Berlusconi vince, crederà di entrare a Downing Street, e invece finirà a Palazzo Chigi. Può accadere al centro-destra ciò che è accaduto al centro-sinistra: il valzer dei primi ministri. Secondo me Berlusconi se lo sogna di governare per cinque anni. Non c'è alcuna ragionevole speranza di tenere Bossi al guinzaglio. Al contrario, poiché punta apertamente a rubare i voti "nordisti" a Forza Italia, quelli "clericali" a Casini-Buttiglione, e quelli "nazionalisti" a Fini, i suoi alleati saranno sempre pù costretti a rincorrerlo sulla china della demagogia". Ma come si isola il virus xenofobo? "E' una battaglia culturale, sulla quale avre

bbe dovuto muoversi per tempo destra e sinistra, laici e cattolici. Invece non è accaduto. Una classe dirigente lungimirante si sarebbe dovuta dare da fare per governare un fenomeno che la nostra economia esige ma la nostra società istintivamente teme. Mi piacerebbe che un governante italiano potesse un giorno dire come Clinton: "Non saremmo arrivati dove siamo se ci fossimo lasciati dividere dalla razza, dalla religione, dal reddito"". Nomi e cognomi, per favore. "La sottocultura leghista sarebbe rimasta nefasto folklore se Berlusconi non avesse restituito a Bossi piena dignità politica, facendone un condomino nella Casa delle Libertà. Ma prima di lui, anche D'Alema aveva usato Bossi. Le due culture del centro-sinistra, quella laica e quella cattolica, hanno dato una clamorosa prova di inettitudine. Lo conferma la sconcertante deriva un po' reazionaria in materia di immigrazione di un "maitre à penser" come Giovanni Sartori il quale si adopera da qualche tempo più per spiegare le buone ragioni della xenofob

ia che per prevenirla". La sua mancata nomina a responsabile dell'Onu per i rifugiati è sembrata l'ultima sconfitta della diplomazia italiana. Come giudica la politica del ministro degli esteri Dini? "Sulla mia vicenda personale non ho nulla da aggiungere. Per quanto riguarda Dini, penso che lei faccia male a chiamarlo ministro degli Esteri. Mi sembra più un ministro del Commercio con l'estero, italo-centrico e condizionato dal retrobottega partitocratico del nostro governo. E' l'esatto contrario di quella politica estera etica, ancorata ai valori e al rispetto delle convenzioni. A Dini sfugge che un paese che rivendica un posto tra i Grandi dell'Onu dovrebbe saper esprimere internazionalmente un minimo di tensione morale". Le piace il Rutelli candidato premier? "Appena dirà qualcosa, le risponderò. Perchè qualcosa, prima o poi, dovrà pur dirla. Per ora aspetta di ricevere il programma dai partiti. Sa, non hanno retto Prodi e D'Alema, che pure un partito di riferimento ce l'avevano, al tritacarne del centro-

sinistra; dubito che ce la faccia lui, che alle spalle non ha niente".

 
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