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Agora' Agora - 7 settembre 1988
PENA DI MORTE: NON UCCIDERE IL GENERO DI BREZNEV. LETTERA A GORBACIOV E ALLA PRAVDA DI PAOLO PIETROSANTI, CONSIGLIERE FEDERALE DEL PARTITO RADICALE E ANIMATORE DI "NON UCCIDERE".

Roma, 7 settembre - N.R. - Paolo Pietrosanti -Consigliere federale del Partito radicale e animatore del Coordinamento "Non Uccidere"- ha oggi inviato la seguente lettera al primo segretario del Pcus Gorbaciov e alla Pravda:

"Signor Primo Segretario,

sulla stampa occidentale è dato trovare ampio riscontro del processo in corso davanti alla sezione militare della Corte Suprema dell'Urss a carico di Yuri Churbanov e di altri otto imputati, accusati di corruzione e altri reati consumati -è questo il "metagiuridico" del processo- nel lungo periodo brezneviano.

Leggiamo che le udienze sono seguite con grande attenzione dai mass-media sovietici; e siamo messi in grado di conoscere con presumibile sufficiente completezza gli antefatti e il merito del processo.

Tra l'altro, sappiamo che Churbanov e i suoi coimputati rischiano di essere condannati alla pena capitale per i reati che hanno commesso, in base a quella che è noto essere una caratteristica degli ordinamenti penali dell'est: le pene più gravi sono comminate per i delitti contro il patrimonio collettivo.

Di questo voglio parlarLe; di questo vorrei potesse parlarsi nel Suo paese, tra i cittadini del suo paese.

Chi le scrive è uno tra gli animatori di una campagna che ha raccolto in Italia oltre 100 organizzazioni le più diverse, ma unite nell'affermare l'essere nettamente contrapposta la pena capitale ad ogni principio di umanità, di civiltà nonché di utilità sociale. Una campagna che è sorta a partire dal caso di Paula Cooper per affermare la contrarietà alla pena capitale ovunque e contro chiunque venga comminata ed eseguita, a partire -possiamo dire- dai paesi retti da ordinamenti democratici per i quali la pena di morte rappresenta una contraddizione insopportabile, radicalmente contrapposta ad ogni possibilità di affermare i grandi valori di libertà e giustizia, democrazia e diritto laddove questi sono conculcati e irrisi, o al massimo ridotti a mera, triste, vuota enunciazione.

Ma è comunque in nome della ferma convinzione che civiltà è essere diversi da chi uccide; in nome della priorità assoluta che deve darsi al valore concreto della vita umana mi permetto di formularLe una richiesta, quella di esprimere una Sua opinione in merito alla pena capitale nel Suo paese. Non Le chiedo -sia chiaro- di intervenire sul processo in corso, giacché è massimo da parte mia il rispetto per l'opera degli organi giurisdizionali -sia pure militari, come nel caso in questione, nei confronti dei quali, forse colpevolmente, nutro una non istintiva diffidenza. Le chiedo di esprimere una opinione, di elevare la Sua voce, di rendere palpitante e fattivo un dibattito che almeno in occidente risulta esistere in prestigiosi ambienti accademici dell'Urss. Di dare, signor Primo Segretario, un frammento di conquista civile.

Noi abbiamo lanciato appelli in favore dell'ex-nazista "Boia di Tartu", che fu l'anno scorso estradato in Urss dagli Stati Uniti,

nonostante in Urss pendesse sulla sua testa una condanna capitale:

per la supremazia assoluta che deve essere riconosciuta alla vita umana, al primo diritto umano della persona, e perché affermiamo essere la pena di morte un moltiplicatore di violenza e di delitti.

Noi lanciamo un appello affinché non venga comminata una condanna a morte al genero di Breznev e ai suoi coimputati; quali siano stati i delitti da loro commessi. Ma a Lei ci permettiamo di chiedere null'altro che un'opinione; e alla Pravda l'apertura di un dibattito tra i suoi lettori.

Ci preoccupa la vita, signor Primo Segretario; ci sta a cuore -come diceva quel Martin Luther King che di recente la Novosti ha rivalutato e riconsiderato, a vent'anni dalla sua morte.

Ci preoccupa la vita di Yuri Churbanov, quali siano stati i delitti da lui commessi, quale sia il significato che si attribuisce alla sua vicenda."

 
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