Roma, 8 novembre - N.R. - Sulla vicenda del DC9 abbattuto nel cielo di Ustica 8 anni fa e sui risvolti politici e giudiziari, pubblichiamo oggi un'intervento di Angelo De Feo, già capo della II sezione dei servizi segreti militari.
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I nostri progenitori, nella loro saggezza, affermavano che chi urla e minaccia è, in genere, a corto di argomenti. L'alzata di scudi dei vertici militari dinanzi alle incalzanti contestazioni sulla stupefacente tragedia di Ustica, ne è una solare riprova. Vediamo qui di esaminare e comprendere, nelle tre principali ipotesi, la difficile posizione in cui si sono venuti a trovare i vertici militari.
a) Sanno tutto. E' possibile che la tragedia sia causa di un fatale errore di un operatore nazionale o estero. Nel primo caso, temendo di non poter evitare di rendere pubbliche inefficienze e ritardi addestrativi e tecnologici, con gravi danni, sia per le Forze armate, sia per l'industria nazionale degli armamenti, le autorità militari decidono di tacere. Cambiare tale orientamento significherebbe oggi andare incontro a grave conseguenze penali e amministrative. Nel secondo caso escluderei gli statunitensi, in quanto per formazione culturale e per la funzione cui assolvono nel loro paese gli organi di informazione, hanno sempre trovato conveniente riconoscere per tempo i loro torti. Un esempio ci viene dalla tempestività con cui è stato ammesso l'abbattimento dell'aereo di linea iraniano nel golfo Persico. Si può escludere inoltre che i militari abbiano, di loro iniziativa, coperto errori di altri. In questo caso la copertura sarebbe stata imposta a livello politico, per cui la responsabilità deve farsi rica
dere, in prima istanza, sui ministri della difesa;
b) Sanno poco. Nel timore di non essere in grado di rispondere ai vari interrogativi che da queste loro rivelazioni potrebbero discendere, i militari hanno scelto di tacere, per non rendere pubbliche, anche in questo caso, inefficienze e ritardi addestrativi e tecnologici che, come detto, finirebbero con l'incidere pesantemente sulla immagine delle Forze armate e sulla capacità di penetrazione dell'industria nazionale degli armamenti sui mercati del Terzo Mondo. Un cambio di rotta non potrebbe non avere gravi conseguenze penali e amministrative;
c) Non sanno nulla. La via apparentemente più agevole si sta oggi rivelando la più impervia. Le Forze armate sono chiamate a dimostrare