Roma, 16 marzo - N.R. - E' stata presentata alla Camera una mozione sulla situazione del Tibet. La mozione è stata firmata dai presidenti dei gruppi in commissione esteri, Rutelli (PR), Sarti (DC), Marri (PCI), Boniver (PSI), Ronchi (DP), Andreis (Verde), Pellicanò (PRI), Facchiano (PSDI), dai presidenti dei Gruppi Parlamentari: il liberale Battistuzzi e il socialdemocratico Caria; hanno anche firmato Oscar Luigi Scalfaro (DC) e Paolo Cristoni (PSI).
La Camera, premesso che,
il 10 aprile del 1950 le truppe della Repubblica Popolare Cinese invasero il Tibet, iniziando da allora una politica di occupazione e di progressiva restrizione di autonomia inizialmente previste per la popolazione tibetana;
il Governo della Repubblica Popolare Cinese ha attuato da tempo una politica di trasferimenti massicci di popolazione cinese in Tibet e di "assimilazione" forzata, tanto che oggi sono già sette milioni e mezzo i coloni cinesi in Tibet, rispetto a 6 milioni di tibetani;
oltre l'80% delle foreste tibetane è stato raso al suolo, senza alcun piano di rimboschimento, per ottenerne legname da esportazione;
la RPC progetterebbe di usare il Tibet, che già ospita depositi di scorie nucleari, a deposito delle scorie prodotte anche in altri Paesi;
in seguito a tale situazione, il popolo tibetano vede gravemente minacciata la propria cultura, le proprie tradizioni religiose, la propria lingua;
Amnesty International, l'Associazione internazionale, per i diritti dell'Uomo, l'Asia Watch di New York ed altre autorevoli organizzazioni internazionali hanno denunciato, supportate da numerose testimonianze, le violazioni dei diritti umani fondamentali compiute in Tibet dalle autorità cinesi;
il Dalai Lama, capo del governo tibetano in esilio, ha presentato nel corso del 1988 in diverse sedi internazionali ed in particolare al Parlamento Europeo un "piano di pace" in cinque, che prevede:
1)la trasformazione di tutto il Tibet in una zona di pace, con conseguente ritiro delle truppe cinesi e con l'impegno a ritirare le proprie truppe e a smantellare le installazioni militari al confine del Tibet;
2)l'abbandono da parte della RPC della politica di "assimilazione":
3)il rispetto dei diritti umani fondamentali e della libertà autodecisionale a darsi un Governo basato su libere elezioni;
4)il ripristino e la protezione dell'ambiente naturale;
5)l'avvio di serie trattative sul futuro del Tibet e sulle relazioni tra il popolo cinese e quello tibetano;
la situazione del Tibet minaccia di aggravarsi ulteriormente, mentre le autorità cinesi hanno ammesso recentemente di avere più volte ordinato di sparare sulle folle di manifestanti nell'antica capitale, Lhasa, e nei giorni scorsi a seguito di gravi incidenti si sono registrate centinaia di vittime tra la popolazione civile;
in Tibet esiste una cultura maggioritaria pacifica e nonviolenta ma non passiva, di tibetani che chiede con forza il diritto ad esistere e ad essere rispettata, ma che rischia di essere scavalcata da elementi estremisti in seguito alla assenza di sviluppi realmente positivi della situazione:
impegna il Governo
1)ad intraprendere ogni azione possibile perchè cessino le violazioni dei diritti umani e le compromissioni dell'ambiente in Tibet e perchè attraverso il dialogo si pervenga al più presto ad una soluzione pacifica del problema tibetano, nel rispetto delle caratteristiche di necessaria autonomia dell'area e nella contestuale salvaguardia degli interessi di Pechino quanto alle esigenze della politica estera e di difesa della Repubblica Popolare Cinese;
2)ad intervenire per risolvere tale delicatissima questione non solo nelle sedi internazionali competenti, ma anche nel quadro delle relazioni politiche, economiche e di cooperazione bilaterale tra l'Italia e la Repubblica Popolare Cinese.