Roma, 29 marzo - N.R. - Nell'ambito del dibattito apertosi sul XXXV Congresso Radicale a Budapest, Radio Radicale ha intervistato Francois Fejto.
Fejto, 79 anni, vive a Parigi. Lavorava presso l'ambasciata ungherese a Parigi quando nel 1949, chiese alla Francia asilo politico, mentre in Ungheria si celebravano processi-farza a carico degli esponenti del partito socialdemocratico dopo la presa del potere da parte del partito comunista.
Domanda: Signor Fejto, alcuni giorni fa, il Governo Ungherese ha dato il suo accordo affinchè il Pr possa tenere il suo XXXV Congresso a Budapest; lei che è un attento osservatore di tutte le novità che provengono dal suo paese, come interpreta questa decisione?
Risposta: La interpreto in maniera molto positiva: si inserisce nella politica di apertura messa in pratica dal Governo in questi ultimi mesi; è un'apertura che, d'altronde, non si indirizza solo nei confronti del Partito radicale cosa di cui mi rallegro moltissimo, ma anche ad altre organizzazioni occidentali: mi hanno appena informato per esempio che l'associazione degli amici di Robert Shumann, il grande europeista, terrà anche essa il suo congresso a Budapest in settembre; anche fatto illustra la volontà del Governo ungherese di aprirsi all'Europa, E' dunque un'evoluzione positiva, anche se questo non deve portarci ad addolcire le nostre posizioni nei confronti del Governo ungherese che lavora a questa apertura assieme al partito comunista che continua a controllare il potere economico e politico del paese.
Domanda: Abbiamo appena saputo che al Congresso radicale parteciperanno anche esponenti di primo piano di Solidarnosc, quali Micknik e Geremek, potrà quindi essere un'occasione di incontro tra cittadini di diversi paesi dell'est che discutono dei loro problemi comuni...
Risposta: Mi rallegro doppiamente di questa notizia, poichè fino ad oggi il principale ostacolo di uno sviluppo democratico dei Paesi dell'Est è stato che tutti i tentativi di democratizzazione sono stati fatti in maniera isolata: quando l'Ungheria nel 1956 ha fatto un primo tentativo si è dovuta scontrare se non proprio con le opinioni pubbliche, certamente con i governi di tutti gli altri paesi comunisti. Lo stesso vale per la Cecoslovacchia: i russi ebbero il sostegno degli altri quattro paesi del Patto di Varsavia per intervenire contro le riforme in quel paese. E' la prima volta quindi che per lo meno tra polacchi e ungheresi e in una certa misura anche i gorbaciovisti russi ci sono dei contatti c'è della collaborazione e mutuo incoraggiamento: Questo è un fatto nuovo che occorre salutare.
Domanda: L'ultima domanda è se la avremo con noi a Budapest per il nostro Congresso...
Risposta: Vede, io ho preso un impegno con me stesso e da vari anni ho ricevuto nemerosi inviti ufficiali dall'Ungheria, di non rientrare nel mio paese natale fino al giorno in cui lo stato di diritto non vi sarà costituzionalmente ristabilito. Fino ad oggi ho resistito al canto delle sirene e agli inviti ufficiali aspettando quel momento, e poichè il vostro Congresso si terrà in un momento in cui lo stato di diritto è ancora solo una promessa e non una realtà, non credo che potrò esserci se non pienamente con il mio spirito...a meno che da qui ad allora, come io spero, lo stato di diritto non abbia a sorgere.
Dichiarazione di Sergio Romano, già ambasciatore italiano a Mosca:
"Segiurò questo congresso con molta attenzione e con molta curiosità, sono molto curioso di vedere come reagirà l'opinione pubblica in Ungheria ad un congresso radicale come ne seguirà gli sviluppi, come ne accoglierà le tematiche. Io parto dalla constatazione, diversa da quella dei radicali, che i partiti siano ancora per il momento delle creazioni nazionali. Nel senso che sono molto condizionati dai problemi di una particolare comunità, da una particolare nazione, e quando vanno a riunirsi altrove, quando parlano altrove dei loro problemi, rischiano anche, e non so se questo sarà il caso radicale, di apparire un pò esotici, nel senso che in quella particolare situazione possono trattare di problemi che possono apparire molto remoti. Credo che l'avvenimento in Ungheria desterà una grande curiosità, ma non sono in grado di dire e scatteranno i meccanismi della comunicazione politica.
Resta il fatto che l'Ungheria è il paese che ha la finestra più aperta verso l'Europa e i suoi problemi".