Roma, 4 maggio - N.R. - Angelo de Feo, già dirigente dei servizi segreti militari,interviene sui 'misteri' e le 'necessità' del segreto di Stato.
Con una interrogazione, indirizzata al Presidente del consiglio ed ai ministri della difesa e di grazia e giustizia, il senatore Pollice ha sollevato il grosso problema della formalizzazione e regolamentazione del segreto di Stato, che, nel nostro paese, è ancora incardinato su una legge di guerra, e della individuazione di quella Autorità Nazionale della Sicurezza che, la legge 801/1977, sembrava avere individuato, senza dubbi ed esitazioni, nel presidente del consiglio dei ministri e che invece sembra, di fatto, permanere nell'ambito militare, nonostante l'autorevole parere contrario espresso, in varie occasioni, dalla corte costituzionale. Un argomento delicato ed affascinante che, contrariamente a quanto si crede, interessa una larga parte di cittadini: certamente quanti svolgono la loro attività lavorativa presso ministeri ed aziende pubbliche e private, produttrici di materiali strategici e militari, e quanti hanno svolto con qualsiasi grado ed incarico, il servizio militare, sia nella leva, sia come e
ffettivo.
Vediamo di comprendere e chiarire cosa si muove dietro questo importante intervento. L'11 luglio 1941, in pieno conflitto mondiale, il governo italiano, stante l'eccezionalità della prova che il paese era chiamato a sostenere, sente la necessità di riorganizzare tutta la materia del segreto militare con il R.D.L. 1161, sostituendo ed abrogando le norme già emanate nel 1934 e 1935, rispettivamente con i decreti 1728 del 28 settembre, e 2311 del 5 dicembre.
Che trattasi di norme straordinarie, emanate per affrontare periodi eccezionali di emergenza, lo si comprende allorchè si parla di obbligo a mantenere il segreto: sull'entità delle perdite subite; sulle deficienze e sulle avarie dei sistemi militari; sull'organizzazione ferroviaria in prossimità delle frontiere e delle coste; sullo stato di efficienza degli stabilimenti civili di produzione bellica e di produzione elettrica; sulla frequenza dei treni e del traffico marittimo; sulla velocità, autonomia, protezione, stabilità, potenza degli apparati motori di navi, velivoli e carri armati; tutti dati che in tempo di pace si possono acquisire facilmente scorrendo un comune orario ferroviario e depliants turistici o di commercializzazione di prodotti militari e strategici.
Ne consegue quindi che una legge di guerra emanata in un periodo di emergenza da un governo dittatoriale, continua a regolare dopo 40 anni, in uno dei più delicati settori, i rapporti tra una Repubblica democratica, che "ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" ed i propri cittadini, per di più secondo le valutazioni ed i "capricci" di una autorità che non si riesce ad individuare e definire correttamente.
Ne consegue quindi che, mentre per fini bottegai, vengono propagandati, senza alcun limite e prudenza, notizie sulla velocità, autonomia, protezione, stabilità, potenza degli apparati motori di navi, aerei e mezzi militari terrestri, e si forniscono ai paesi gravitanti nel Mediterraneo armamenti di ogni genere, dando corpo a quella minaccia dal Sud che ora viene a distogliere non poche nostre risorse, si continua ostinatamente a sostenere che le notizie sulla vendita di armi che è diffusamente riportata su pubblicazioni e riviste specializzate nazionali ed estere e dietro alla quale, come sostiene giustamente l'interrogante, "vi è o vi è stato, un consistente giro di tangenti, un rientro di armi verso la delinquenza comune e politica, un imponente traffico di droga e, se si vuole esaminare con attenzione, una possibile minaccia alla sicurezza dello stato" e ancora da ritenersi un segreto di stato, nonostante precise disposizioni prevedano che nel "gennaio di ogni anno, tutte le autorità italiane che hanno or
iginato documenti e materiali qualificati e classificati, devono riesaminarli allo scopo della loro eventuale dequalifica... (per evitare di) mantenere un controllo rigido su notizie o su materiali che non esigono più la protezione richiesta alla loro origine o addirittura sono divenuti di pubblico dominio", sempre che non si voglia impedire che gli italiani discutano su un qualcosa che già tutti gli altri popoli conoscono.
Da tutto quanto precede si possono far discendere molte considerazioni. Quella più realistica sembra confermare lo stato di assoluta inefficienza raggiunto dalla pubblica amministrazione, che non riesce neppure ad attuare le norme che essa stessa si è data.
Emerge inoltre la scarsa trasparenza o quanto meno la poca lucidità di chi nel nostro paese esercita, di fatto, la funzione di autorità nazionale alla sicurezza allorchè ignorando norme e comportamenti, viene ad opporre a cuor leggero, segreti e da inoltrare denuncie di violazione di segreto di Stato, basandosi sul "nulla", venendo a premiare e a difendere, con una sorta di terrorismo morale "unicamente l'inefficienza della pubblica amministrazione e l'azione corruttrice esercitata da intrallazzatori di ogni risma nei confronti di politici e alti burocrati, civili e militari".
Quale sembra essere la funzione della magistratura in questo gioco scellerato? Acquistano, in questo contesto, un sinistro significato le parole pronunciate, dinanzi alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2, dal generale Santovito, direttore del SISMI deviato:"Con i magistrati, prima degli eventi, esisteva un rapporto di reciproco sostegno".