ENNESIMA INTERROGAZIONE SULL'ULTIMO SCANDALOSO EPISODIO CHE VEDE COINVOLTO IL MAGISTRATO CALABRESE.Roma, 3 giugno - N. R. - Mauro Mellini, Marco Pannella e Peppino Calderisi hanno presentato la seguente interrogazione al ministro della Giustizia sull'ennesimo episodio di malcostume giudiziario che vede coinvolto il Sostituto Procuratore di Locri, l'ineffabile giudice Carlo Macrì.
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I sottoscritti chiedono di interrogare il ministro per conoscere se sia informato che il Sostituto Procuratore della Repubblica di Locri dott. Carlo Macrì, ben noto al ministro per vicende disciplinari, polemiche e millanterie di monopolio di rappresentanza dello Stato e di lotta intemerata ed intrepida contro la mafia nella circoscrizione, è stato, con provvedimento in data 26 aprile 1989 rinviato a giudizio davanti al Tribunale di Messina per il reato di interesse privato in atti d'ufficio in concorso con il brigadiere dei Carabinieri Balestrieri, all'epoca comandante della Stazione dei Carabinieri di Gioiosa Ionica ora trasferito (il brigadiere e non il Magistrato) a Firenze, per avere disposto indagini dirette ad accertare quale avvocato avesse assistito il dott. Monego dipendente dell'USL 24 di Siderno nella redazione di una denunzia avente ad oggetto un concorso nel quale era stata superata, pur avendo più titoli, dalla dott. Silvia Falvo, moglie del medesimo dott. Carlo Macrì.
Chiedono di conoscere se, a seguito del rinvio a giudizio (e della fissazione del dibattimento per il giorno 29 giugno 1989 avanti al Tribunale di Messina) siano stati richiesti e adottati provvedimenti cautelari nei confronti del suddetto dott. Macrì, già al centro di disgustosi episodi che rendono incompatibile la sua presenza nella circoscrizione di Locri e che compromettono gravemente il prestigio dell'ordine giudiziario.
In caso negativo chiedono di conoscere se sia da ritenere così pienamente giustificata la fama di 'intoccabile' del suddetto magistrato e se di essa il Ministro sappia indicare una plausibile spiegazione.
Chiedono infine di conoscere se il ripetersi di episodi siffatti non consenta di esprimere severe valutazioni sulla credibilità della funzione disciplinare nei confronti dei magistrati.