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Agora' Agora - 6 luglio 1989
L'IMBROGLIO DELLA RAI SERVIZIO PUBBLICO. PRIVATIZZARE LA RAI, ABOLIRE IL CANONE D'ABBONAMENTO. ARTICOLO DEL SEGRETARIO FEDERALE RADICALE DE STEFANO DOMANI SUL 'GIORNALE D'ITALIA'.

Roma, 6 luglio - N. R. - L'imbroglio della RAI- servizio pubblico. Il segretario federale del Partito Radicale Mario De Stefano lancia la proposta di privatizzare la RAI e abolire il canone di abbonamento.

Anticipiamo il testo dell'articolo di De Stefano che apparirà domani sul "Giornale D'Italia".

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Alla fine, al di là di ogni ragionevole dubbio, si è dimostrato con i dati del Centro di Ascolto radicale che, lungi dallo svolgere un servizio pubblico, la RAI è ormai da tempo al servizio di tre partiti che si sono divise le reti e le testate. Dunque vi è una realtà spartitoria che solo alcune facce di bronzo della politica politicante possono arrivare a negare.

Da anni, la RAI non svolge più un servizio pubblico anzi, secondo i più, non lo ha mai svolto.

E' giusto quindi che si giunga infine al rinvio a giudizio di quei dirigenti della RAI che hanno abusato, per fini ed interessi di parte e ponendosi al servizio di privati, dell'immenso potere che un mass media come la televisione consente di esercitare. Ma anche questo non basta più.

Occorre ripensare del tutto la collocazione della Rai quale servizio pubblico. Bisogna soprattutto riflettere se sia ancora concepibile nella situazione attuale un servizio pubblico radiotelevisivo o se viceversa non si debba pensare seriamente a privatizzare ciò che è già privato (perché è al servizio di DC, PCI e PSI)

Ciò che è accaduto in questi anni, dopo la legge di riforma, dimostra che ottenere dai giornalisti delle tre testate che siano rispettati i criteri della obiettività, della imparzialità e della completezza dell'informazione è impossibile. Ed è d'altronde discutibile il principio stesso secondo cui vi deve essere in Italia un "servizio pubblico radiotelevisivo su scala nazionale" e l'altro non meno discutibile principio secondo cui tale servizio "è esercitato dallo Stato mediante concessione ad una società per azioni a totale partecipazione pubblica". Negli Stati Uniti non hanno mai avuto un servizio pubblico radiotelevisivo ma hanno avuto una informazione televisiva che ha saputo essere libera molto più di quanto non sia mai stata l'informazione di Stato in Italia. Il dover fare i conti con la concorrenza ha certamente consentito ai giornalisti televisivi americani di rivendicare maggiore indipendenza persino rispetto ai padroni delle reti ed ai loro interessi. In Italia, a dieci anni dal Duemila vi è

ancora chi vuol prendere per i fondelli l'opinione pubblica sostenendo che l'informazione di Stato è migliore dell'informazione libera e della libera concorrenza nell'informazione.

Ciò è falso, maledettamente falso.

Privatizzare significa anche alleggerire il bilancio dello Stato del peso di una impresa tradizionalmente mal gestita quale è la RAI, significa porre un freno alla spartizione clientelare degli spazi informativi, significa alleggerire i bilanci familiari degli italiani dal canone di abbonamento che sopravvive oggi solo perché si definisce servizio pubblico quello che pubblico non è, consentendo alla RAI gli sperperi di cui si è letto in questi giorni e per i quali persino la magistratura si sta muovendo.

Privatizzare, abolire il canone di abbonamento alla RAI (ed a questo proposito è bene ricordare che Luigi D'Amato ha depositato un progetto di legge sulla abolizione del canone RAI che sino ad oggi non si è potuto porre in discussione per la convergente azione dilatoria dei partiti che "occupano" la RAI) . Se la DC, il PCI o il PSI vorranno l'informazione servile di cui oggi profittano se la paghino e non la facciano pagare ai cittadini. Siano certi che nel libero mercato dell'informazione vi sarà chi saprà conquistarsi lo spazio per una informazione che non sia solo la voce del padrone.

La scommessa da giocare oggi in Italia è questa: è possibile una informazione libera, vi è spazio per più voci diverse oppure bisogna constatare che il degrado è giunto a tal punto che solo lo Stato attraverso una informazione di Stato e per decreto può informare in maniera completa ed imparziale?

Personalmente sono convinto che l'unico modo per garantirsi una informazione radiotelevisiva che sia il più possibile rispettosa della realtà politica e sociale cui si rivolge sia quello di consentire il massimo di concorrenza tra privati. E non mi convincono coloro che temendo un oligopolio alla fine si fanno difensori di un monopolio, per di più furfantescamente spartito fra tre ladroni di regime.

 
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