Roma, 20 settembre - N.R. - Pubblichiamo il testo della lettera aperta dei detenuti politici di Rebibbia che hanno deciso di intervenire sul caso di Sergio Segio e Susanna Ronconi, ricoverati in ospedale in gravi condizioni per uno sciopero della fame iniziato il 7 settembre, a fronte della decisione del Magistrato di Sorveglianza di Torino di negare a Segio l'autorizzazione al lavoro presso il "Gruppo Abele" della comunità di Don Ciotti.
Nove dei firmatari della lettera hanno deciso di attuare un digiuno di tre giorni a partire da oggi.
ALLE FORZE POLITICHE, AGLI ORGANI DI INFORMAZIONE E A QUELLI PIU' STRETTAMENTE COMPETENTI
Siamo solidali con Sergio Segio e Susanna Ronconi, detenuti come noi per fatti di terrorismo, che stanno attuando dal 7 settembre uno sciopero della fame perchè sia rispettata e sia eguale anche per loro quella legge penitenziaria che prevede, con l'art. 21, la possibilità per il detenuto di svolgere un lavoro all'esterno del carcere come molti di noi già svolgono, ed è spesso lavoro di pubblica utilità, di impegno civile o solidarietà sociale.
Di fronte alla decisione della Direzione del carcere di Torino di ammettere entrambi al lavoro presso la comunità di Don Ciotti, il "Gruppo Abele", il magistrato di Sorveglianza ha concesso l'autorizzazione all'esecuzione del provvedimento solo nei confronti di Susanna Ronconi e l'ha negata invece a Sergio Segio, perchè troppo lunga sarebbe la pena a lui comminata e troppo poco avrebbe ancora "espiato".
Nella nostra condizione di detenuti ammessi al lavoro all'esterno del carcere e, alcuni di noi, nella stessa posizione giuridica di Sergio Segio, testimoniamo che da parte delle autorità competenti di Roma, ma anche di altre città, è stato possibile applicare per noi la stessa misura che a Torino, almeno nei confronti di Sergio Segio, non si ritiene di poter concedere.
Non intendiamo porre in discussione le prerogative del Magistrato di Sorveglianza di Torino, anzi, proprio perchè le rispettiamo, dobbiamo considerare il suo comportamento contrario allo spirito e al dettato della riforma Gozzini, perchè incline ad una ideologia della espiazione e ad una pratica della contabilità della pena che non sono previste dalla Legge, la quale invece intende il carcere e la pena quali luogo e momento di recupero del condannato.
Il caso di Sergio Segio è poi davvero paradossale, se si considera che per lui, tenendo conto di ciò che ha fatto e per quello che lui oggi è, è proprio la "società esterna" ad offrire gratuitamente assunzione di responsabilità sui suoi percorsi di reinserimento.
Purtroppo, verifichiamo che il diritto-dovere di "ingerenza" che la società esterna esercita nei confronti del carcere viene ancora a scontrarsi non solo con l'opacità, ancora, di questa "istituzione totale", ma anche con gli eccessi di potere discrezionale del Magistrato di Sorveglianza, che si alimenta in alcuni casi dell'assenza di responsabilità precise assegnate dalla legge, ovvero a causa della presenza di competenze spesso concorrenti tra organi amministrativi e giurisdizionali.
Un'ultima, a questo punto doverosa, considerazione.
Da più parti e da parte di più forze politiche si è voluto, nei mesi scorsi, intervenire in un dibattito sulla "soluzione politica", che per certi aspetti (non) ci riguardava, per opporsi a qualsivoglia proposta di provvedimenti legislativi che ridimensionassero le pene eccessive erogate negli anni, nei processi e per le leggi dell'emergenza, e si è sostenuto che per prendere atto della fine degli anni di piombo e consentire il ritorno alla società (degli ex-terroristi) e alla legalità (degli ex-antiterroristi) vi fossero già tutti gli strumenti e gli spazi della legislazione ordinaria.
Ma oggi, a fronte del caso di Sergio Segio come di altri nelle sue condizioni, ci chiediamo e vi chiediamo quanto sia credibile ormai questa posizione.
Per questo, alcuni dei firmatari di questa lettera aperta hanno deciso di attuare un digiuno di tre giorni, a partire da oggi, come atto concreto di partecipazione all'azione di dialogo che Sergio Segio e Susanna Ronconi stanno rivolgendo nei confronti di forze politiche, organi di informazione e autorità più strettamente competenti, da cui dipende intervenire, far conoscere e decidere sul loro caso.
Sottoscrivono e aderiscono al digiuno:
Maurice Bignami, in art. 21 presso Ostello Caritas
Nando Cesaroni, in semilibertà presso Cooperativa "Born to run"
Attilio Cozzani, in semilibertà
Sergio D'Elia, in art. 21 presso Partito Radicale
Alberto Franceschini, in art. 21 presso Arci-Ora d'aria
Luca Frassineti, in art. 21 presso Arci-Ora d'aria
Massimo Gidoni, in art. 21 presso centro assistenza-Aids, Caritas
Livio Lai, in semilibertà presso Cooperativa agricola, Caritas
Rocco Martino, in art. 21 presso centro assistenza-Aids, Caritas
Sottoscrivono inoltre:
Enzo Bella, in art. 21
Rino Cristofoli, in art. 21 presso Cooperativa Sintax-error
Giulio Liberti, in semilibertà
Andrea Litta-Modignani, in art. 21 presso Centro anziani
Ciro Longo, in art. 21 presso Centro anziani
Maurizio Palermo, in semilibertà
Antonio Savino, in art. 21
Giancarlo Scotoni, in art. 21 presso Cooperativa Sintax-error
Roberto Vitelli, in art. 21 presso Cooperativa Sintax-error