Roma, 3 ottobre -N.R.- La decisione del regime sovietico di proibire gli scioperi è stata così commentata da Antonio Stango, membro della segreteria del Partito Radicale e direttore del Comitato Italiano Helsinki:
"Almeno dalla primavera scorsa, tutti gli osservatori attenti della realtà sovietica sapevano che l'autunno (con l'attenuante del freddo e del conseguente aumento delle difficoltà di approvvigionamento alimentare) avrebbe portato, con estrema probabilità, diverse misure repressive, che sarebbero potute giungere anche alla proclamazione dello stato d'assedio in diverse repubbliche. I frequenti moniti di Gorbaciov, negli ultimi mesi, avevano soltanto confermato questa tendenza. La proibizione degli scioperi, di fatto e per legge, potrebbe non essere purtroppo che il primo di una serie di passi destinati a restringere palesemente nel breve periodo la morsa autoritaria sulla società sovietica, dietro il pretesto della ingovernabilità della crisi sociale ed economica, sociale e delle nazionalità; ma già, del resto, si poteva notare da tempo che - accanto ad una serie di comportamenti amministrativi cautamente liberali - il quadro legale andava, in realtà, peggiorando: quasi tutte le leggi del periodo gorbaciovia
no, benché finora scarsamente applicate, sono infatti sostanzialmente più repressive di quelle brezneviane. Nel contempo, solo una certa tolleranza consente l'uscita, pur fra mille difficoltà e con una tiratura limitatissima, di circa mille periodici non ufficiali; ma nessuna legge in realtà li autorizza, le registrazioni richieste sono state sempre negate e i loro curatori vengono sottoposti a sempre più frequenti attacchi sulla stampa ufficiale.
Occorre ora, da parte dei governi democratici e dell'opinione pubblica occidentale, schierarsi più che mai dalla parte dei cittadini e dei popoli dell'Unione Sovietica: qualsiasi manifestazione di 'comprensione o di 'accettazione' delle misure repressive decise dal regime sarebbe oggi - questo sì - un atto contrario alle speranze di democratizzazione; mentre un fermo richiamo al rispetto dei diritti umani e civili, tanto più da difendere quanto la crisi sia più grave, è in realtà il passo che dobbiamo compiere. Ciò è tanto più vero per il governo italiano, che a fine novembre dovrebbe ricevere la visita del presidente sovietico: una nota di dissenso da parte della Farnesina, meglio se accompagnata dall'ipotesi di rinviare sine die la visita stessa in caso di ulteriori provvedimenti repressivi, sarebbe oggi estremamente utile.
Quanto alle forze politiche ed alle organizzazioni per i diritti umani, starà ad esse decidere, sulla base dei fatti concreti che in Unione Sovietica si verificano, se prepararsi ad accogliere Gorbaciov con onore o con il duro atteggiamento dovuto agli esponenti dei regimi totalitari. Da parte nostra, preferiremmo la prima strada. Ci auguriamo che le prossime scelte del Cremlino ce lo consentano."