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Agora' Agora - 7 ottobre 1989
CATANIA- CAVALIERI DEL LAVORO : APPALTI PER IL CARCERE DI CATANIA: INTERPELLANZA DI MELLINI, VESCE, D'AMATO, CALDERISI.

Roma, 7 ottobre -N.R.- I deputati Mauro Mellini, Luigi d'Amato, Giuseppe Calderisi (federalisti europei) e il verde arcobaleno Emilio Vesce hanno presentato un'interrogazione ai ministri di Giustizia, Interno, Tesoro ed al Presidente del Consiglio per conoscere "quali ragguagli e quali valutazioni, relative agli aspetti della vicenda ricadenti nell'ambito delle rispettive competenze, siano in grado di fornire in ordine alle iniziative prese circa due anni fa dal questore di Catania, attuale dirigente della Criminalpol, di richiedere una misura di prevenzione nei confronti dei noti industriali Gaetano Graci, Mario Rendo e Carmelo Costanzo; se gli interrogati siano in grado di fornire ragguagli e valutazioni in ordine alle modalità ed alle circostanze con le quali è stato possibile mantenere per quasi due anni il segreto anche sul solo fatto della avvenuta presentazione della richiesta di provvedimenti di prevenzione, ed è stato poi possibile che il contenuto essenziale degli atti di tali procedimenti pervenis

se alla stampa e fosse pubblicato e quali responsabilità emergano al riguardo; se risponde a verità quanto pubblicato da organi di stampa in ordine all'avvenuta richiesta di sospensione della commessa d'appalto per il carcere minorile di Catania ad una società facente capo al Costanzo da parte di Nicolò Amato, sulla base delle "rivelazioni" di un pentito, Antonino Calderone relative ai rapporti del Costanzo con Nitto Santapaola e sul diniego di tale sospensione in base al parere dell'Alto Commissario Sica; quale sia il pensiero del Governo in ordine agli episodi suddetti e cioè alla possibilità che la parola di un pentito possa quanto meno mettere in discussione l'avvenuta conclusione di un contratto d'appalto tra una pubblica amministrazione ed una grande impresa e che ad escludere tale eventualità sia dovuto intervenire il parere di un Alto Commissario, membro tra l'altro di un grosso apparato di investigazioni e di informazione, parere, a quanto sembra, emesso senza la conoscenza della pendenza di una ric

hiesta di un provvedimento di prevenzione (pendenza meno rilevante della parola di un pentito) o comunque non contenente menzione della pendenza stessa; quali valutazioni intendano esprimere gli interrogati sul fatto che alla base dei rapporti allegati alle richieste di adozione di misure di prevenzione (con il conseguente sequestro e poi confisca dei beni) dei tre imprenditori figurino riferimenti ai medesimi in varie inchieste giudiziarie, riferimenti che non solo non riguardano tali soggetti come imputati, ma che non risulta abbiano dato luogo a trasmissione di atti al PM per l'esercizio dell'azione penale ai sensi dell'art. 2 cpp e che le stesse valutazioni di fatti e situazioni sospettate o ipotizzate in base a tali elementi figurino nei rapporti come ipotesi alternative o equivoche rispetto ad altre di segno opposto. Tuttavia tali elementi possono essere utilizzati non solo per la eventuale emissione di provvedimenti gravissimi di cosiddetta prevenzione, ma anche soltanto per la proposizione della rela

tiva istanza che di per sé può, ed in certa misura deve, provocare gravissimo pregiudizio ad imprenditori ed in genere a cittadini che ne siano oggetto; se gli interrogati siano in grado di escludere che la "pendenza" di siffatte istanze così a lungo protrattasi, abbia determinato condizionamenti, ripercussioni, interventi, astensioni e comunque effetti particolari sulla attività economica degli imprenditori stessi e delle imprese che ad essi fanno capo, alterazioni nei rapporti dell'interno delle società, vantaggi o svantaggi in appalti, commesse e conduzioni di lavori ed eventualmente chi siano stati o possano essere stati coloro che di tali vantaggi o svantaggi abbiano risentito; se gli interrogati siano informati che presso gli uffici giudiziari di Catania (P.M. e Ufficio Istituzione) esistano casi di procedimenti che vedono cittadini indiziati del reato di associazione di tipo mafioso che da lungo tempo giacciono nei cassetti dei magistrati senza che questi provvedano sull'istanza di archiviazione in da

nno per chi è oggetto di tale trattamento oltre che per il funzionamento della giustizia; se recenti valutazioni circa il maggior rischio del credito effettuato in favore di imprese in Calabria e in Sicilia, che del resto corrispondono al dato di fatto di maggiori tassi di interesse praticati in tali regioni ed in genere nel Sud, non debbano riconnetersi, oltre che a generali situazioni di disagio economico di tali regioni, agli effetti della insicurezza di ogni rapporto giuridico patrimoniale determinato dalla possibile applicazione, sulle basi di elementi meramente indiziari, di misure di confisca connessa a quelle personali di cosiddetta prevenzione, misure, che, oltre tutto, non prevedono alcuna salvaguardia dei diritti dei terzi; se, per l'ipotesi che la campagna di stampa posta oggi in atto, dovesse conseguire il suo scopo e comportare l'applicazione di taluna delle misure patrimoniali previsti dalla legislazione in vigore nei confronti di taluni dei suddetti imprenditori, il Governo sia in grado di pr

edisporre misure atte a far fronte alle complesse ripercussioni ed ai problemi d'ordine economico-sociale conseguenti a tali provvedimenti; se gli interrogati non ritengono che altre imprese del Nord di grandi dimensioni, che pure operano in Campania, Calabria e Sicilia e che hanno potuto uscire indenni da attentati e, almeno apparentemente, da estorsioni di tipo mafioso, possano aver avuto contiguità, rapporti e condizioni di lavoro, rispetto ad elementi mafiosi e camorristici, non molto diversi da quelli attribuiti ai suddetti imprenditori siciliani; se, a giudizio del Governo le ripercussioni sul credito determinate dalle condizioni di insicurezza e di labilità dei rapporti economici sopra ricordate, finiscano per avere una ulteriore ripercussione sulla espansione di forme clandestine di credito a condizioni usuraie da parte delle organizzazioni criminali, che così beneficerebbero, anziché essere danneggiate, dalle misure antimafia; se il Governo sia informato dell'esito di una indagine della società di r

icerca demoscopica, la FINTESA, secondo cui il 70% delle imprese italiane subisce richieste di tangenti, con al primo posto, quali percettori, i partiti politici con il 27%, i pubblici funzionari al secondo con il 15,5% e buona ultima la vera e propria criminalità organizzata con il 9% e se, ove tali dati abbiano una qualche attendibilità, la contiguità, le affinità e gli intrecci di interessi di taluni imprenditori con esponenti di un certo mondo politico non debba comportare la richiesta di applicazioni di misure di prevenzione;

se, alla luce degli episodi richiamati e delle valutazioni richieste il Governo intenda approntare misure e adottare provvedimenti atti a salvaguardare la sicurezza di tutti i cittadini, a sventare operazioni ricattatorie e comunque di condizionamento del mercato basate su campagne di stampa ed operazioni para-giudiziarie e ad assicurare l'osservanza delle leggi e la dignità della funzione giudiziaria.

 
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