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Agora' Agora - 14 novembre 1989
MURO DI BERLINO: DOPO IL 'CROLLO' DEL MURO: NONVIOLENZA ED IMPEGNO OCCIDENTALE.
STANGO DOMANI SULL' 'UMANITA''.

Roma, 14 novembre - N.R.- Anticipiamo l'articolo di Antonio Stango, segreteria PR, che verrà pubblicato domani dall''Umanità'.

"I varchi aperti nel muro di Berlino stanno segnando la fine dell'assetto europeo uscito dalla seconda guerra mondiale: anzi, per quella parte dell'Europa sembra che soltanto ora la guerra stia davvero finendo. Le folle di cittadini tedesco-orientali riversatesi come in un'esplosione in questi giorni a Berlino Ovest rappresentano forse la più bella notizia dal 1945 ad oggi, ed a questo, come è doveroso, si rivolge l'attenzione dei mass-media di quasi tutto il mondo: tranne, naturalmente, che in Paesi dove le dittature continuano ad aggrapparsi all'occultamento della verità nella speranza di conservare il proprio regime, dalla Cina alla Romania di Ceausescu. Del resto, nella stessa Unione Sovietica i cittadini - ed anche un membro del Soviet Supremo come Andreij Sacharov, che lo ha dichiarato ad intervistatori occidentali -stanno ricevendo informazioni sugli avvenimenti tedeschi in piccolissime dosi, con una prudenza che fa capire quanto tuttora velata sia la glasnost gorbacioviana.

C'è in ogni caso almeno un aspetto, nella vicenda del 'crollo' del muro, che non è ancora stato analizzato come probabilmente occorrerebbe. E' il ruolo che vi ha avuto la nonviolenza. L'impossibilità di una soluzione alla crisi economica senza un'apertura all'Occidente, il prezzo in termini monetari e politici contrattato dal Cremlino con la Germania Federale e con gli Stati Uniti, la generale sclerotizzazione dell'apparato del partito comunista tedesco non sarebbero stati sufficienti a determinare una simile resa così rapidamente.. In realtà, un ruolo insostituibile è stato svolto dalla pressione di milioni di persone inermi, che in ogni modo ormai uscivano dalla pretesa repubblica (non per viltà, ma mettendo in causa la propria vita) o che a Lipsia, a Dresda, nella stessa Berlino Est avevano preso a manifestare giorno dopo giorno, sfidando i pestaggi e gli arresti. La nonviolenza ha vinto più che in passato. Quanti sostengono che essa sia praticabile soltanto in Paesi retti da democrazie (come ad esempio

l'impero britannico all'epoca di Gandhi) hanno oggi una prova di più del contrario; così come ci avevano mostrato, sebbene in modo non così evidente, i casi della Polonia e dell'Ungheria o, per aspetti diversi, quello delle madri di Plaza de Mayo nell'Argentina oppressa dalla dittatura militare.

Certo, in un momento di legittima soddisfazione per chiunque abbia inteso nel passato come davvero insopportabile quel muro, amareggia vedere l'atteggiamento di quanti quasi del muro si sentono orfani, e - ben lontani dal mostrare gioia - sottolineano solo i rischi dell'eliminazione di ciò che è stato il simbolo più odioso della divisione dell'Europa. Il sostanziale riampianto del muro che qualcuno sembra provare, dicendo o non dicendo, offende soprattutto la memoria dei tanti uccisi nel tentativo di valicarlo, o di passare ad Ovest nuotando nella Sprcc.

E' stato anche nel loro ricordo che la nonviolenza ha potuto vincere. E potrebbe farcela nell'Unione sovietica scossa dalle tensioni nazionalistiche, mentre l'impero zarista e staliniano evidenzia del suo anacronismo; potrebbe farcela in Bulgaria o in Cecoslovacchia, e con ancora maggiori difficoltà in una Romania che continua a calpestare più di ogni altro Stato quegli Accordi di Helsinki che pure aveva firmato nel 1975. Tuttavia, certo alla nonviolenza che gli individui ed i popoli dell'Est sono chiamati a dispiegare come sola arma possibile vanno però accompagnati un'attenzione ed un impegno non spenti da parte dei governi e dei cittadini dei Paesi di democrazia politica, che certamente non sono oasi di felicità ma dove si dispone di una possibilità di iniziativa enormemente maggiore che nel campo realsocialista. Non utilizzarla, dare eccessiva fiducia ai dittatori più o meno illuminati potrebbe anche significare il consegnare altri popoli a nuove ondate di repressione: così come in Cina la prima grande s

fida al regime assassino di Deng Xiao Ping è stata soffocata in un massacro che non permette che questo straordinario 1989 rechi soltanto il segno di positivi rivolgimenti."

 
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