Il referendum sulla legge elettorale del Senato riguarda una grande scelta tra sistema proporzionalista e sistema uninominale-maggioritario. Si tratta di una grande riforma non solo del meccanismo elettorale ma del sistema dei partiti e della politica.
Il referendum sulla riduzione delle preferenze per la Camera non ha questa valenza, perché non mette in causa il sistema proporzionalista (non é infatti tecnicamente possibile farlo per via referendaria). E se intende giustamente combattere le degenerazioni correntizie, può però avere anche taluni effetti controproducenti, perché aumenta i costi di elezione dei candidati con tutte le conseguenze che questo comporta.
Questi sono i motivi che hanno spinto tanti dei promotori del referendum sulla legge elettorale del Senato (non solo i radicali ma anche i repubblicani Dutto, Gravronsky e Fusaro, i liberali Biondi e Baslini, i socialdemocratici Negri e Massimo Nicolazzi, alcuni verdi e verdi-arcobaleno) a non aderire a questo secondo referendum. Così pure alcuni esponenti della sinistra socialista hanno manifestato interesse per il referendum del Senato e non per quello della Camera.
Ciò non costituisce motivo di divisione, ma anzi rafforza la caratteristica e il grande valore dell'ampiezza dell'arco di adesioni, che sono tutte a titolo individuale.
Ovviamente i Comitati promotori delle due iniziative sono distinti per ciascuno dei referendum (si pregano i mezzi di informazione di far attenzione a questo dato). E alcuni dei firmatari di uno o di entrambe le richieste referendarie stanno anche discutendo dell'opportunità di dar vita anche ad un terzo referendum per estendere il sistema maggioritario a tutti i Comuni, come era stato all'origine previsto dai primi promotori.
Ricordiamo che la Presidenza del Comitato del Referendum elettorale per il Senato é composto da:
Segni, Barile, Baslini, Bassanini, Biondi, De Matteo, Gavronsky, Giannini, Morganti, Pannella, Pasquino e Scoppola.