Il dibattito sulla droga sta prendendo una piega importante.
Chi contava su ostruzionismi e denunce di arroganza non li ha avuti né li avrà.
In compenso si trova in mano una legge-colabrodo, già sconfitta sul piano civile e culturale.
A ritmi serrati, emerge in modo schiacciante - anche in commissione - che questa è una legge (inattuabile) contro lo Stato.
Obbliga il medico a diventare poliziotto; il magistrato a diventare terapeuta; i cento prefetti italiani a diventare i sacerdoti confessori-redentori di tre milioni di pecorelle smarrite che fumano marjiuana; i doganieri - che già hanno scioperato contro la legge - a diventare dei sorvegliati speciali, affiancati da agenti.
Tutto ciò o non regge o provoca il caos più totale negli apparati dello Stato.
E infine è utile rompere un altro tabù. Rispetto persone come Don Ciotti e Don Picchi, ma sui fondi ad altre comunità il Parlamento deve vederci chiaro. Per alcune, questa legge è il business del secolo.
Ci auguriamo che i compagni socialisti riesaminino con attenzione l'impianto e l'articolato.