La situazione di Radio Radicale è, ormai, gravissima.
Le cifre parlano chiaro: cinque miliardi e mezzo di uscite di fronte a un solo milardo di entrate indipendenti sia dal finanziamento pubblico che dall'ormai scaduta legge sull'editoria. Ma, a differenza dell'estate dell'86, ad aggravare questa disperata situazione dei conti economici si è aggiunta una pericolosissima congiuntura finanziaria: ENEL e Regione Lazio, infatti, non rispettando, almeno fino ad ora, i loro impegni, hanno determinato una vera e propria "crisi di liquidità". Questa drammatica situazione ci imponeva, stando così le cose, di chiudere definitivamente i battenti il prossimo 30 aprile. Invece di aspettare passivamente la resa dei conti, con un bilancio sempre più difficile, abbiamo preferito, in questi quasi due mesi che ci restano, porre il problema Radio Radicale, in tutta la sua urgenza all'opinione pubblica, sviluppare una campagna di iniziative per salvare questo elemento determinante della vita democratica del paese. Radio Radicale non ha più una lira in cassa. Gli stipendi non vengo
no pagati, i nostri creditori non vengono soddisfatti. Le stesse strutture che hanno consentito a noi di raggiungervi nelle vostre case sono in grave pericolo. E' perciò necessario un intervento immediato di sostegno, in termini di denaro, di tutti gli ascoltatori, di tutti coloro che credono nel ruolo di Radio Radicale, di tutti i cittadini: vi chiediamo di inviarci, presso Radio Radicale, via Principe Amedeo 2, 00185 Roma, mediante vaglia, contributi e aiuti che ci consentano di proseguire in questi due mesi la nostra campagna. L'obbiettivo delle iniziative politiche che stiamo mettendo a punto in queste ore è chiaro: il Parlamento deve varare un provvedimento ad hoc che riconosca il servizio pubblico reso da Radio Radicale nei 14 anni di sua esistenza e che, grazie ad uno stanziamento di 20 miliardi, ci metta nelle condizioni di poter entrare nel mercato delle convenzioni con enti locali, amministrazioni e con il Parlamento. La legge sull'editoria - che con il 1990 viene definitivamente a scadere- come è
noto ci vincolava alla definizione, per noi impropria, di "organo del Partito Radicale", negandoci sia la funzione di servizio pubblico sia la possibilità di convenzioni con le istituzioni. Il nostro obbiettivo dei venti miliardi una tantum equivale al 2,5% del bilancio annuale di Camera e Senato o all'1% del budget della RAI; ci permetterà di continuare a seguire la vita delle istituzioni, in diretta, senza mediazioni.
Radio radicale ha, da ieri, cessato le trasmissioni, ma non siamo stati noi a sceglierlo: la decisione è di chi non ha voluto fino ad oggi riconoscere a questa radio la sua funzione di servizio pubblico. Interessi politici e lobbistici si incrociano e si intrecciano: la RAI chiede 200 miliardi (dieci volte quanto sarebbe necessario a Radio radicale) per un servizio (le trasmissioni del Parlamento) che, in realtà, non ha alcuna volontà di fare e che, comunque, per cultura e per burocrazia non è in grado di fare. La partitocrazia preferirebbe vederci catalogati come "organo del Partito Radicale": saremmo così "normalizzati" in questo sistema politico, mentre definendoci servizio pubblico, cioè servizio per il pubblico dei cittadini che vogliono conoscere per deliberare, sfuggiamo alla logica stessa della partitocrazia. Esiste una proposta di legge che, pur essendo stata sottoscritta dai presidenti dei deputati della DC, del PCI, del PRI, dell'MSI, del PSDI, del PLI, della Sinistra Indipendente, necessita, in b
ase alle norme regolamentari, della firma dei socialisti e dei verdi. I giorni che ci separano dalla data del 30 aprile sono decisivi per il raggiungimento dell'obbiettivo che ci siamo dati: ma come ci stiamo organizzando? I redattori, i tecnici, gli addetti all'archivio e all'amministrazione, si ritrovano in riunione collettiva due volte al giorno (alle 9 e alle 15,30) e si sono suddivisi in alcuni gruppi di lavoro. Le notizie della drammatica crisi di Radio Radicale devono arrivare ovunque: vi invitiamo quindi ad utilizzare i telefoni il più possibile, a scrivere ai giornali, ai settimanali, a tutti i mezzi di informazione. Vi invitiamo a scriverci, i vostri attestati furono importanti nell'estate dell'86, furono il nostro biglietto da visita. I gruppi di lavoro si occupano dei rapporti con gli altri media, della raccolta di notizie che riguardano la Radio, dei contatti con quelle istituzioni che da 14 anni gratuitamente seguiamo, dell'organizzazione delle manifestazioni. Le vostre telefonate saranno utili
ssime per qualsiasi suggerimento, idea, intuizione o progetto vi venga in mente. Nella situazione di crisi, di drammatica crisi di Radio Radicale, siamo consapevoli della analoga situazione del Partito Radicale, di quel Partito Radicale che, grazie alle sue scelte ci ha inventato e fin qui finanziato. L'obbiettivo dei cinquemila iscritti al PR entro febbraio è stato completamente mancato, rendendo pressochè impossibile il raggiungimento dei successivi obbiettivi dei diecimila e dei cinquantamila. Che senso può avere Radio Radicale in una "democrazia reale" che vuol fare a meno di quella "cosa" chiamata Partito Radicale?