"La sentenza di condanna pronunciata oggi nei confronti degli imputati del processo Calabresi mi preoccupa e mi addolora. Ho fin dal primo momento degli arresti dichiarato che avevo fiducia in Sofri e nella sua parola. Come amico di Sofri - un'amicizia nata e sviluppatasi in anni difficili, da posizioni spesso diverse e a volte contrastanti - so che Adriano, se davvero fosse stato responsabile dei reati terribili che gli venivano imputati, avrebbe avuto il coraggio e la forza della verità: avrebbe avuto la forza di assumersene la responsabilità. Questa convinzione mi deriva dalla conoscenza diretta di tutte le scelte che Adriano ha compiuto negli anni successivi a quei fatti.

Ma al termine di questo processo non c'è stata solo la parola di Sofri e degli altri imputati contro la parola di Marino. C'è stata la vicenda processuale, e mi sento di poter dire che questa sentenza è in stridente contrasto proprio con le risultze processuali. Non una delle affermazioni di Marino ha trovato riscontro nel processo per quanto riguarda l'omicidio Calabresi.

Per contro proprio gli atti processuali hanno messo in luce i risvolti equivoci della personalità e della storia del pentito, e soprattutto hanno messo in luce le circostanze equivoche di questo pentimento.

Non posso sottrarmi alla sensazione che la Corte sia stata condizionata dal quel variegato partito che, all'interno di alcuni corpi dello Stato, sulle stragi di Stato come sull'omicidio Calabresi invece di perseguire la strada della verità e della giustizia si è preoccupato piuttosto di ricercare la vendetta nei confronti di persone pregiudizialmente considerate colpevoli.