QUINDICI PROMOTORI LANCIANO UN APPELLO, INVIATO A MIELI (LA STAMPA) MONTANELLI (IL GIORNALE) E SCALFARI (LA REPUBBLICA).In risposta agli innumerevoli tentativi di stravolgere il significato dei referendum elettorali, alcuni promotori hanno oggi lanciato un appello al rispetto delle regole del gioco democratico.
I firmatari dell'appello hanno inteso altresì precisare le ragioni dell'iniziativa referendaria, oltre a ribadire il proprio impegno a fianco di coloro - primo fra tutti l'on. Segni - che l' hanno co-promossa.
Il documento, che è stato inviato ai direttori de La Stampa, Il Giornale e La Repubblica, è firmato da:
Antonio BASLINI (Imprenditore, PLI); Virginio BETTINI (Parlamentare Europeo Verde); Alfredo BIONDI (Vice Presidente Camera, PLI); Gianmarco BRENELLI (Direttivo PLI Milano); Peppino CALDERISI (Capogruppo Federalista Europeo Camera); Gianluigi CERUTI (Deputato Verde); Mauro DUTTO (Deputato PRI); Jas GAWRONSKY
(Parlamentare Europeo PRI); Massimo Severo GIANNINI (Accademico dei Lincei); Giovanni NEGRI (Segretario Gruppo PSDI Camera); Massimo NICOLAZZI (Consiglio Nazionale PSDI); Marco PANNELLA (Parlamentare Europeo PR); Fulco PRATESI (Presidente Italiano WWF); Beatrice RANGONI- MACCHIAVELLI (Consiglio Nazionale PLI); Bruno ZEVI (Deputato Federalista Europeo).
Ecco il testo dell'appello:
C'erano una volta le istituzioni; e, forse, anche una Costituzione.
Poco di tutto questo sembra rimasto. Il Parlamento, anzichè proporre e far leggi, sembra sempre più condannato a ratificare quelle decise fuori di esso.
Tutto è governo; e la coscienza del singolo non ha più cittadinanza, e deve far luogo alle ragioni di quella che, con ironia forse involontaria, viene chiamata solidarietà politica. Il potere è altrove; e che lo si possa determinare o modificare con il proprio voto è cosa che la gente fatica ormai anche ad immaginare.
E' rimasto, tra gli altri, un piccolo spazio in cui è consentito giocare, laicamente, da individui; e dentro il quale è possibile votare sapendo perchè, ed essere certi di ciò a cui servirà la propria scelta. Si chiama referendum.
E' uno spazio piccolo, e circondato da mille cautele che ne rendono difficile l'uso e l'accesso. Ma è comunque un pezzetto di democrazia diretta; e quasi, nelle condizioni della costituzione "materiale" dell'oggi, un angolo prezioso di disobbedienza consentita per legge.
Abbiamo inteso, come promotori, usare di questo spazio. E l'abbiamo fatto in materia elettorale, in direzione di un cambiamento che speriamo possa contribuire a ridare un senso al votare e a mettere in moto un meccanismo che cominci ad intaccare la costituzione materiale dell'onnipotenza partitica.
Non contro i partiti; ma verso la riscoperta di un equilibrio e di un'autonomia di partiti e istituzioni.
C'è però il rischio che anche questo spazio venga meno. Che il referendum sia inghiottito dalla costituzione materiale e sia venduto come una casella in più della battaglia navale di correnti e partiti. I segnali sono gravi e gli esempi infiniti.
Si pronunciano sentenze sull'inammissibilità dei quesiti; quasi che questo non fosse mestiere, esclusivo e sacro, dei giudici. Se ne discetta come della causa probabile delle elezioni prossime venture, che sarebbero nel caso indette all'urlo di "che si voti, purchè non si voti". Se ne parla per misurarli sulla regola aurea dell'immobilismo politico, quella del" cui prodest", in base alla quale non è importante decidere cosa si fa e quanto serve al Paese, ma solo chi possa ricavarne piccoli benefici di bottega.
E' così, e solo così, che si snaturano davvero i referendum; perchè è così che si cerca di trasformare in uno strumento di lotta partitica ciò che è, e deve restare, una possibilità di espressione della scelta individuale dei cittadini.
Siamo parte di un comitato promotore fatto di individui, e che ha coinvolto persone di ogni provenienza politica.
Ci è bastato dimenticare la regola del "cui prodest" per scoprire sulle cose da fare convergenze inimmaginabili. Non abbiamo usato, e non useremo dei referendum per polemiche di corrente o di partito. Stiamo lavorando perchè la gente, in prima persona, possa dire se preferisce per il Senato un sistema tendenzialmente uninominale; per la Camera, la possibilità di dare una sola prefenrenza; per i Comuni, l'estensione generalizzata del sistema maggioritario. I referendum sono questo; ed a nessuno è consentito di farne altro.
Facciamo appello al rispetto delle regole di questa democrazia ed alla responsabilità di tutti perchè di questi referendum si parli infine per quello che sono. Perchè ciascuno decida di firmare o di non firmare, e poi di votare sì o no, sulla base della libera convinzione di scegliere ciò che è meglio per questo Paese, e non ciò che può giovare o nuocere a qualcuno ed al suo manovrare.
Vi sono ancora pochi giorni per la raccolta delle firme. Andrà bene, con l'aiuto che a tutti chiediamo. E andrà ancor meglio dopo, se sapremo far prevalere su manovre e proclami il diritto di ciascun cittadino ad esprimersi ed a scegliere.