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Agora' Agora - 29 agosto 1990
CARCERI-REGGIO EMILIA: I DETENUTI DELL'OSPEDALE PSICHIATRICO GIUDIZIARIO DI REGGIO EMILIA SCRIVONO AL PARTITO RADICALE.

Questa lettera è stata inviata da un recluso nell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Reggio Emilia. Ci scrive a nome di altri detenuti, in particolare di Roberto Boccaleoni, malato terminale di Aids e di Pasquale Garcea, sieropositivo, malato gravemente di cirrosi epatica, le cui condizioni sono tali da non permettergli neanche di parlare. Ci scrivono per ringraziarci per aver portato alla luce il loro caso, grazie all'intervento di Carduccio Parizzi, radicale, consigliere emiliano dei verdi arcobaleno, che in un giro per le carceri della sua regione ha scoperto lo scandalo del manicomio giudiziario di Reggio Emilia, esempio perfetto di come stanno generalmente le cose in quei luoghi una volta detti "manicomi giudiziari", dove sono detenute persone che un ex magistrato, in un libro di denuncia, ha chiamato "gli avanzi della Giustizia". Organizzando conferenze stampa, uno sciopero della fame, l'invio di telegrammi al magistrato di Sorveglianza, Carduccio Parizzi ha portato all'attenzione pubblica ed avviato

, speriamo, a soluzione il caso dei due detenuti a Reggio Emilia. Sulla situazione di Roberto e Pasquale ed in generale sulla situazione dei reclusi nei manicomi giudiziari, Alessandro Tessari, del Gruppo federalista europeo alla Camera dei deputati, ha presentato una interrogazione che pubblichiamo in Agorà. Nella stessa lettera alcuni detenuti di Reggio Emilia preannunciano l'iscrizione al Partito Radicale.

Sergio D'Elia

Reggio Emilia, 29 agosto 1990

Cari compagni,

inizierò subito col ringraziarvi a nome di tutti i detenuti del reparto speciale dell'O.P.G. (Ospedale Psichiatrico Giudiziario, NdR) di Reggio Emilia per l'ampio risalto dato a livello nazionale, ai problemi connessi a questo istituto, che tanto eufemisticamente viene per l'appunto chiamato O.P.G.

Vogliate scusare questa mia esplosione grafica, d'altra parte l'effettiva gioia di poter finalmente sfogare i mutismi creati, rende naturalmente predisposti alla cospicua comunicazione e grafica e verbale.

Ciò premesso, vi comunichiamo che in due tre ci stiamo orientando a prendere la tessera del Partito; c'è sempre, credo, una causa scatenante; se prima, quindi, l'idea si trovava assopita in qualche angolo della nostra volontà, di fatto ora s'è risvegliata, appaiata al desiderio di far parte integrante del vostro grido di libertà, che riteniamo concretizzata omogeneamente in svariate occasioni, aliena da doppi scopi o giochi opportunistici, meri scoop propagandistici.

Si! Pensiamo non sarà l'irrisoria cifra da versare a sbancare le nostre finanze, guadagneremo per contro, anzi sarà la nostra dignità più volte calpestata, umiliata, ed offesa, a guadagnarne. Anche noi, finalmante, ci uniremo in coro a voi gridando in faccia a chi fa soprusi e crede nelle disparità di rango, daremo finalmente volume e tono alle nostre ragioni represse troppo spesso da burocrati istituzionali e amorali, i quali certo non piangono nel veder scemare sempre più le nostre speranze, il nostro futuro, la nostra vita.

Obiettivamente noi tutti concordiamo sul fatto che la vostra costanza va lodata, non solo di fronte a situazioni di interesse limitato e di parte, quanto piuttosto, per la portata morale che investite in ogni vostro contesto sociale, il coraggio di dire le cose vere senza timori, la forza dell'obiettività, la rinuncia a celarsi dietro maschere opportunistiche, questo di voi, fa onore al Partito e alletta anche noi comuni mortali.

Beh! noi non siamo fatti per le grandi parole, non le usiamo per nasconderci dietro ad esse, siamo ciò che siamo, forse esseri erranti, in virtù magari d'una qualche ideologia o forse di qualche distrofico inserimento sociale; non per questo però deve ora venir meno il nostro diritto, diritto sacro, vanto di tutti gli uomini (di una società "democratica"), troppe volte succubi d'un sistema che non lascia spazio a nessuna espressione civile di condanna, molto spesso diveniamo i capri espiatori dei molti mali di una società, la nostra, che si serve letteralmente di noi, come tramite di pseudo-giustificazioni e metodi emergenziali.

A volte non ci resta che il sapore amaro delle frustrazioni: quante ragioni di fatto, inconfutabili, inalienabili, in tasca, e tanta voce che a malapena viena udita, quante cose ingiuste, quanti pianti muti e rassegnati, chissà, forse ora, un piccolo spiraglio che coltici per mano, ci accompagna insegnandoci che tuttosommato c'è ancora chi crede nella verità, da che parte essa venga detta, che c'è chi in fondo ci ascolta come uomini e non solo animali di solo istinto.

Noi crediamo in voi come una forza sociale vera, non lasciateci in quest'angolo di città, che tanto si vanta di essere all'avanguardia del garantismo, che tanto si proclama di essere compagna per antonomasia delle giuste cause. C'è in quest'angolo tanta miseria, tanta ingiustizia e povertà d'animo, v'è tanta cattiveria nascosta e radicata ormai da decenni: in questo inferno dantesco non lasciateci soli.

Vorremmo ancora poter puntualizzare "tempo vostro permettendo", tutti gli obbrobri esistenti in codesto lager: per noi che qui spendiamo la nostra giornaliera esistenza, la convivenza non è espiazione, ma martirio.

Ora in così pochi esultiamo, forse, chissà, in un piccolo spazio di mente non ancora dilaniata di Garcea e Boccaleoni c'è ancora quel tanto di capacità e intatta volontà di ringraziarvi in silenzio, di ringraziarvi per così concedere loro l'ultima opportunità di finire i loro tormenti quantomeno lontani da questa casbah di dolore e alienazione.

Grazie da parte di tutti. Luca Livieri.

 
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