"Il decreto legislativo con il quale il Governo, avvalendosi del potere di "aggiustamento" del nuovo codice di procedura penale previsto dalla legge delega per le esigenze rivelatesi dopo l'entrata in vigore, rappresenta un vero e proprio stravolgimento dell'impianto del codice e non un suo mero aggiustamento. Del resto lo scopo dichiarato di questo provvedimento non è quello di realizzare più puntualmente e funzionalmente la delega, ma di mutare rotta, abbandonando un preteso "eccessivo" garantismo del nuovo codice.
E' la vittoria del partito dell'emergenza, dei sabotatori del nuovo codice, che hanno adottato la politica del "tanto peggio tanto meglio", è il risultato della debolezza di Vassalli, del corporativismo miope ed egoista di un ben individuato nucleo di magistrati e di un certo numero di avvocati.
Non è la fine di un codice, un infanticidio legislativo: è la fine del concetto stesso di codice, del concetto cioè di un corpo stabile ed organico di leggi che non può essere soggetto alle fluttuazioni delle demagogie, degli scatti di nervi delle corporazioni e dei gruppi di pressione.
Se certi magistrati da tempo hanno abbracciato la tesi delle strategie giudiziarie, della giustizia di lotta e di guerra alla criminalità, se hanno preteso ed ottenuto leggi speciali, se hanno imperversato con il pentiti ed i maxiprocessi, il fallimento della giustizia e quello della sicurezza pubblica è il frutto della loro scelta politica: ne devono essere responsabili al pari di Gava, di Rognoni etc. etc. Non possono pretendere di far pagare al paese, alla sua civiltà giuridica, ai cittadini in attesa di giudizio ed in balia delle irresponsabilità giudiziarie i loro errori ed il loro fallimenti.