Budapest, 10 ottobre 1990. "No al ritorno all'aborto clandestino", "Libertà di coscienza per le donne polacche", "No alla proibizione dell'aborto", "Le donne polacche devono poter scegliere in coscienza", "un clericalismo non deve sostinuirne un altro", "Per una Polonia laica e europea" ! Questi erano alcuni degli slogans scanditi dai radicali alle manifestazioni che si sono svolte ieri a Mosca, Roma, Praga, Budapest e Bruxelles, per il diritto all'aborto in Polonia.
Va ricordato che due settimane fa il Senato polacco varava una nuova legge nella quale veniva pressochè totalmente escluso il diritto all'aborto in Polonia, e cancellato, in questo modo, un importante diritto civile.
Nel progetto adottato dalla Camera Alta polacca in effetti l'aborto viene ormai autorizzato solo in due casi: violenza carnale e rischio di vita per la madre.
In sostegno alle donne polacche e nella speranza che la Dieta polacca non confermi con il suo voto uno tale proposta di legge, il Partito radicale si è associato all'iniziativa di diversi gruppi femministi ungheresi ed insieme a loro ha manifestato di fronte all'ambasciata polacca di Budapest. Ha indetto inoltre di propria iniziativa analoghe iniziative di fronte alle ambasciate polacche di Mosca, Praga, Roma e Bruxelles.
L'iniziativa ha visto la partecipazione di decine di persone. Venticinque militanti radicali a Mosca insieme a diversi giornali e televisioni sovietiche e polacche. Una quarantina a Budapest, tra femministe e radicali, e diversi organi di stampa. A Praga, per una fortunata coincidenza, si stava svolgendo contemporeanamente alla manifestazione radicale un ricevimento nell'Ambasciata polacca in onore del Premio Nobel di Letteratura Milosz ed in presenza della Signora Havel. Lo stesso Milosc, uscendo dal ricevimento, di fronte ai numerosi media presenti, si è, quindi, congratulato con i militanti radicali, ringraziandoli e dichiarandosi "con loro" e pronto ad impegnarsi in Polonia. A Bruxelles hanno manifestato una decina di militanti radicali mentre a Roma erano venticinque tra cui anche numerose femministe "storiche". Come è ormai solito in queste due ultime capitali della "democrazia reale" brillavano per la loro assenza gli organi di stampa.