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Agora' Agora - 20 novembre 1990
LEGGE GOZZINI: UN DECRETO DI FINTA FERMEZZA.

Il decreto legge con cui il governo ha deciso di "congelare" per cinque anni non solo la legge Gozzini, ma anche la riforma penitenziaria del '75, a differenza di quanto è stato detto, coinvolge nelle esclusioni più del 50% dei condannati, compresi in due categorie:

1) terroristi, mafiosi, sequestratori e trafficanti di droga, esclusi per cinque anni dalla possibilità di usufruire di semilibertà, permessi premio, affidamento in prova, detenzione domiciliare, ammissione al lavoro esterno;

2) rapinatori, estorsori e omicidi che per accedere ai permessi e al lavoro all'esterno devono aver scontato metà pena, per accedere alla semilibertà due terzi della pena, mentre sono esclusi del tutto dall'affidamento in prova.

Questo vuol dire che, nei confronti dei condannati della prima categoria, per cinque anni, è stato sospeso l'art. 27 della Costituzione, la quale non discrimina tra condannato e condannato e prescrive che la pena per qualsiasi reato deve essere tesa al reinserimento. Per cinque anni, è stato sospeso anche l'art. 32 della legge Gozzini che a sua volta - in linea con la giurisprudenza della Corte di Cassazione e le decisioni della Corte Costituzionale - aveva abrogato l'art. 204 del Codice Penale, vale a dire smantellato l'intero sistema delle presunzioni legali di pericolosità sociale. Per cinque anni, ritornerà in vigore il criterio della gravità del reato, al posto di quello della pericolosità sociale del condannato che deve essere accertata nella sua individualità, puntualità ed attualità: vorrà dire che per cinque anni un condannato particolare sarà ritenuto pericoloso e quindi non potrà essere ammesso alle misure alternative o ai benefici carcerari non perchè sarà provato il suo collegamento con la

malavità organizzata o il permanere delle scelte di criminalità ma soltanto in quanto condannato per sequestro o terrorismo o mafia o traffico di droga.

Nei confronti dei condannati della seconda categoria, invece, ai quali il decreto legge rende possibile l'accesso ai permessi dopo la metà della pena e la semilibertà dopo due terzi, per cinque anni, l'impianto della legge penitenziaria risulterà stravolto: non sarà rispettata la individualità, la gradualità e la linearità del trattamento in base al quale - e ai fini di un reinserimento sociale a garanzia della sicurezza di tutti - dopo un quarto di pena si prova coi permessi, dopo metà pena con la semilibertà, quindi con la liberazione condizionale.

La non retroattività del decreto, semmai, ha accresciuto le disparità di trattamento e prodotto situazioni paradossali, per esempio:

a) a Rebibbia vi sono due detenuti calabresi, arrestati lo stesso giorno e condannati per lo stesso fatto, che hanno da scontare la stessa pena ed hanno presentato nello stesso periodo l'istanza di semilibertà: uno è già in semilibertà e vi rimane perchè gli è stata concessa una settimana prima della entrata in vigore del decreto, l'altro rimarrà "congelato" per cinque anni perchè il Tribunale di Sorveglianza non gli aveva ancora fissato l'udienza; vi sono anche casi di condannati che hanno presentato l'istanza della semilibertà prima di altri che invece l'hanno avuta: Morucci e Faranda sono in semilibertà appena superata la metà pena mentre altri nelle stesse o migliori condizioni dovranno aspettare cinque anni;

b) essendo provvedimenti emessi di volta in volta, i permessi di uscita dal carcere ora saranno negati anche a quei detenuti che sono usciti per quattro anni e sono sempre rientrati: a Rebibbia penale sono circa l'80% i casi di questo tipo;

c) a Rebibbia penale vi è un condannato a dieci anni che ha già scontato cinque anni di pena per traffico di droga, reato escluso da qualsiasi beneficio per i prossimi cinque anni; ebbene, questo detenuto non conoscerà nessuna misura alternativa al carcere e sconterà per intero la sua pena; nella stessa situazione si trova un condannato per fatti di terrorismo;

d) un condannato ammesso al lavoro all'esterno prima dell'entrata in vigore del decreto, continuerà ad uscire ogni giorno a lavorare ma per i prossimi cinque anni non potrà usufruire di un permesso premio: a Rebibbia penale una ventina di detenuti si trovano in queste condizioni;

e) i condannati per reati esclusi dai benefici della Gozzini nei prossimi cinque anni, potranno uscire in liberazione condizionale (nonostante che questo regime d'ora in avanti sarà sottoposto a criteri più restrittivi del codice Rocco al suo inizio), mentre non potranno uscire in permesso o in semilibertà, che è un controsenso dal punto di vista trattamentale, secondo cui la linearità e la gradualità e quindi la sicurezza sociale nel percorso di reinserimento rappresentano principi fondamentali della legge penitenziaria;

f) c'è poi un problema di interpretazione del decreto su un punto: i condannati all'ergastolo per omicidio, rapina ed estorsione potranno accedere alla semilibertà dopo ventanni oppure mai?

g) un rapinatore al primo delitto che si è servito di un'arma impropria è escluso dall'affidamento in prova mentre la misura resta possibile per un rapinatore tossicodipendente;

h) succede spesso presso il Tribunale di Sorveglianza di Roma che le istanze per la semilibertà siano messe in calendario e poi rinviate a nuovo ruolo per la incompletezza del fascicolo o per disguidi burocratici: è così successo che un detenuto di Rebibbia abbia avuto fissata la semilibertà pochi giorni prima della entrata in vigore del decreto e sarebbe stato nei termini, ma gli è stata rinviata ad una data da destinarsi, quando comunque non sarà più nei termini.

Con questo atto gravissimo, che esprime irresponsabilità, incostituzionalità, incapacità politica, finta fermezza, il governo tende a provocare una reazione violenta nelle carceri che poi gli dia ragione. Dobbiamo sperare nel senso di responsabilità, nella nonviolenza dei detenuti, perchè sia scongiurato quel "tanto peggio tanto meglio" che il governo cerca e perchè sia caratterizzata in un certo senso la lotta che in Parlamento e nelle carceri dobbiamo preparare nei 60 giorni di durata del decreto. E' importante che il Parlamento non confermi la decisione del Governo. La battaglia è quindi tutta da combattere.

Alcuni deputati radicali hanno annunciato che chiederanno l'audizione dei direttori e del personale penitenziario perchè riferiscano cosa ha significato la Gozzini non solo per i detenuti ma anche per loro, per il quieto vivere nelle carceri. Molti operatori penitenziari, tra cui i direttori di grossi penitenziari, si sono già dichiarati disponibili alle audizioni.

A livello parlamentare i rappresentanti di molti gruppi parlamentari stanno coordinando la propria iniziativa per il momento della discussione sulla conversione del decreto, prevista per oggi ma rinviata perchè il governo ed il relatore non erano pronti.

E' stato predisposto un appello per la difesa della legge Gozzini che sottoscriveranno politici, giuristi, personalità del mondo religioso, della cultura, del giornalismo.

In coincidenza col dibattito parlamentare è possibile effettuare nelle carceri e fuori iniziative nonviolente. Da Rebibbia si stanno cominciando ad inviare telegrammi al presidente della Camera e della Commissione Giustizia. Vi sono già in corso scioperi della fame nelle carceri di Rebibbia Giudiziario, Novara e da giovedì anche San Vittore a Milano. Dal carcere di Rebibbia Penale è partita l'iniziativa di inviare telegrammi al presidente della Commissione Giustizia della Camera, Giuseppe Gargani, in cui si chiede la difesa della legge Gozzini (vedi annuncio in Agorà).

E' importante, per il partito, per le iscrizioni nelle carceri, per la campagna di iscrizioni in generale, uscire subito, pubblicamente come partito contro questa nuova, vecchia, finta emergenza ai danni, veri, della giustizia, della legalità, del diritto.

A copertura del fallimento di una politica criminale deviante e criminogena, a fronte della incapacità manifesta, delle connivenze evidenti di questo "governo della malavita", al posto degli autori di delitti attuali che sono al 90% impuniti, si devia tutto e si colpiscono con inaudita veemenza i più deboli, sicuramente i meno colpevoli e meno garantiti, coloro che sono in carcere da dieci venti anni per delitti passati. Si dice: si tratta di deterrenza e avrà i suoi effetti nella lotta alla malavita. Ma perchè il raddoppio delle pene e il congelamento dei benefici per i detenuti, autori di delitti passati, dovrebbero avere un qualche effetto di deterrenza sui grandi criminali in libertà, autori dei delitti attuali, che non vengono scoperti oppure vengono assolti, comunque rimangono sempre impuniti? Quand'anche venissero presi il giorno dopo l'entrata in vigore del decreto, fra cinque anni, quando sarebbero mediamente nei termini per accedere ai benefici carcerari, le nuove disposizioni per loro non sare

bbero più in vigore.

In questo gioco di simulazione di fermezza, il ruolo e le responsabilità di stampa e televisione sono state evidenti ed altrettanto gravi: hanno prima montato la campagna sulle "scarcerazioni facili" imputando tutto alla legge Gozzini, scadenze termini, arresti domiciliari e semilibertà che con la Gozzini non hanno nulla a che fare, quindi hanno raccolto la domanda di sicurezza che è venuta dalla opinione pubblica allarmata da quel tipo di informazione, infine hanno portato il governo a decretare la revoca in pratica della legge penitenziaria, e da questo magari ora ripartiranno per un altro ciclo di emergenza, stavolta nelle carceri.

 
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