Dichiarazione di Peppino Calderisi.
"La vera motivazione dell'inammissibilità dei referendum non sta nel fatto che erano poco chiari, ma che lo erano troppo. Certamente chiarissimi sono stati per la partitocrazia che li ha fatti fuori.
La sentenza della Corte Costituzionale è ben lungi dal fornire risposte convincenti alle ragioni dell'ammissibilità sostenute dall'80 % dei giuristi e costituzionalisti. Non è un caso che la Corte non sia ricorsa a tesi impegnative come quella del presunto carattere manipolativo- propositivo dei quesiti (tesi così strombazzata dal PSI) o quella relativa alla vicenda dell'articolo 75 approvato dall'Assemblea Costituente.
La Corte ha utilizzato l'argomento di basso profilo della mancanza di chiarezza dei quesiti. Un argomento del tutto aleatorio che può essere tirato a piacimento da ogni parte, come dimostra anche la vicenda dei referendum sulla caccia prima respinti per presunta mancanza di chiarezza e poi ammessi per incanto al nuovo tentativo di richiesta referendaria.
La tesi della equivocità dei quesiti sul Senato e sui Comuni è del tutto arbitraria. L'eliminazione del quorum del 65% e il passaggio al sistema maggioritario sarebbero obiettivi non necessariamente coincidenti per il referendum sul Senato. Altrettanto varrebbe per l'estensione del maggioritario ai Comuni con più di cinquemila abitanti e per l'abolizione del panachage.
Ma se c'era un referendum a cui applicare questo argomento era proprio quello sulla Camera, che invece è stato ammesso. Molti sono infatti favorevoli ad eliminare la possibilità di esprimere le preferenze con i numeri, ma non sono favorevoli a ridurre le preferenze ad una perchè tale riduzione avrebbe anche effetti negativi e controproducenti, aumentando il potere delle segreterie di partito nella compilazione delle liste."