Caro Cossutta, cari compagni della Presidenza,
consentitemi di inviarvi un saluto, una denuncia, una protesta.
Il saluto è quello di un democratico che augura a voi tutti buon lavoro, sinceramente, senza riserve. Ed è quello di un militante che era venuto come al suo solito, come ogni altro senza pompa e senza scorte, sereno fra la gente, inerme ma non inerte, fiducioso (e lo resto). Sono venuto, testardamente, da compagno e da amico: come ai tempi dei nostri scontri feroci sulla legge Reale, sul finanziamento pubblico dei partiti, sulle violenze e i misfatti dell'"unità nazionale", agli albori delle lotte per i diritti civili, divorzio aborto; o della nostra difesa dei comunisti e dei democratici massacrati dai carri armati rosso-neri del Patto di Varsavia. Ma, francamente, pensavo che quegli anni ci avessero inseganto a tutti qualcosa: che le passioni accecano, e non aiutano idee e ideali. Voglio ringraziare in particolare i compagni abbruzzesi e teramani che, nell'atrio, hanno saputo dimostrare di quanta tolleranza e amicizia nutrano la loro intransigenza. Come voi, ne sono certo.
Questo vale: non sputi, insulti, calci e pugni, anche se di pacifisti e di nonviolenti. La denuncia, ora: ho riconosciuto coloro che mi hanno aggredito: i "soliti noti": c'erano Ugo Stille e Livio Zanetti, Bruno Vespa e Gianni Letta; Giorgio Bocca e un tal Pendinelli. Appena defilati, guardavano la scena, con l'aria di maestri che contemplano il lavoro di dilettanti, Eugenio Scalfari e Valentino Parlato.... La protesta: ma che ci facevano, fra di voi, fra di noi? Questi specialisti della distruzione dei volti, dei ferimenti delle persone e delle storie, dell'impunita' farisea? Ristabilita cosi' la verita', ancora buon lavoro. Vi attendiamo, giovedi, al nostro congresso, dove sarete accolti con rispetto, e affetto, da parte di quasi tutti!