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Bonino Emma - 29 marzo 1995
L'ITALIA E L'EUROPA DI FRONTE ALLA SFIDA DEL 1996

Appunti di Emma Bonino: riflessioni sulla conferenza del 1996

I prossimi due anni sono decisivi per l'avvenire dell'Europa; l'Unione europea si trova dinanzi ad una scelta divenuta oramai improcrastinabile : accentuare i suoi caratteri federali ed incamminarsi verso una vera integrazione politica di tipo federale oppure rassegnarsi alla trasformazione in una zona di libero scambio, magari fortemente integrata sul piano economico.

Il contesto generale in cui si inquadra la riforma del 1996

-il quadro politico europeo è profondamente mutato con la caduta del muro di Berlino: in assenza di "un nemico comune" viene a mancare un elemento forte di coesione e si manifestano forze centrifughe. Ne consegue una forte instabilità politica del continente europeo congiunta a fenomeni di nazionalismo e di intolleranza alle frontiere dell'Unione ma anche al suo interno;

-la crisi economica accresce la disoccupazione ed il divario economico e sociale tra regioni ricche e regioni povere;

-le pressioni per un ampliamento in tempi brevi (in aggiunta ai tre Paesi che sono entrati a far parte dell'Unione a partire dal gennaio scorso) pongono notevoli problemi per il funzionamento futuro delle istituzioni europee nonchè in relazione ai costi che dovrebbero essere sopportati dal bilancio comunitario.

Per quel che riguarda l'opinione pubblica si vede emergere (v. in particolare referendum sul trattato di Maastricht in Francia e Danimarca) una ostilità diffusa verso "l'Europa dei tecnocrati e dei mercanti", un'Europa che sembra avanzare senza un sufficiente controllo democratico, scarsamente attenta ai problemi quotidiani della gente comune e comunque priva di un progetto politico che ne giustifichi e ne legittimi l'esistenza.

I cittadini europei si pongono domande molto semplici cui non trovano risposta:

-perchè l'Unione tollera senza reagire una guerra spietata alle proprie porte?

-come può una grande potenza economica quale l'Unione europea accettare l'esclusione di intere fasce della popolazione dal progresso e dal benessere economico ?

-chi, tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo, è il vero responsabile delle "decisioni prese a Bruxelles" ?

Le attese dell'opinione pubblica nei confronti dell'Unione europea sono abbastanza chiare :

-maggiore presenza dell'Unione sulla scena internazionale per contribuire alla stabilità in Europa e nel mondo;

-maggiore attenzione ai problemi dei cittadini e rafforzamento della coesione economica e sociale tra i Paesi che costituiscono l'Unione;

-maggiore democrazia nelle procedure decisionali;-maggiore chiarezza nella ripartizione delle competenze tra l'Unione e gli Stati membri;

-maggiore efficacia, trasparenza e coerenza nell'azione dell'Unione.

Non tener conto del diffuso malessere e delle richieste dell'opinione pubblica significa allontanare ulteriormente l'Europa dalla gente ed andare incontro ad una sicura disgregazione dell'Unione.

Fino ad oggi le prese di posizione dei governi e dei leaders politici sono (tranne alcune eccezioni) alquanto vaghe, spesso confuse e talvolta anche contraddittorie. [ E' apprezzabile il documento della CDU che, pur se criticabile su alcuni punti (eccessivo rilievo attribuito all'asse franco-tedesco, scarsi riferimenti al problema della coesione economica e sociale, nucleo duro costituito su base di criteri esclusivamente economici), ha il merito della coerenza e di una certa chiarezza].

In Italia, in particolare, forse a causa delle preoccupazioni politiche contingenti, il dibattito sull'avvenire dell'Europa stenta a decollare.

Il 2 giugno prossimo i Ministri degli Esteri dei 15 Stati membri dell'Unione si ritroveranno a Messina per celebrare il cinquantenario della Conferenza che diede slancio alla creazione della Comunità economica europea e per insediare il gruppo di riflessione che dovrà preparare i lavori della Conferenza intergovernativa del 1996.

Nel 1955 il rilancio del processo di integrazione comunitaria prese le mosse da un memorandum del Benelux che con coraggio e lucidità proponeva la creazione di un mercato comune tra gli Stati membri della CECA.

Oggi manca qualunque iniziativa politica di uguale coraggio e lucidità da parte dei diversi governi, mentre assistiamo a desolanti dispute bizantine su formule il cui vero contenuto resta quantomai oscuro (nucleo duro, Europa a più velocità, cerchi concentrici, Europa a geometria variabile, etc.).

Il gruppo di riflessione rischia di essere insediato senza alcun mandato preciso circa i suoi compiti e circa la portata della sua azione.

E' compito del Movimento federalista richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica e dei responsabili politici sulla necessità che sin d'ora i parlamenti nazionali ed i governi maggiormente sensibili alle ragioni dell'integrazione politica europea prendano posizione, magari di comune intesa, esplicitando le condizioni che il prossimo processo di revisione dei trattati deve assolutamente rispettare.

Quattro sembrano essere i punti fondamentali che conviene chiarire sin d'ora:

a.la portata della riforma

b.il collegamento tra la riforma e l'ampliamento

c.i principi che occorre rispettare in caso di livelli diversi di integrazione

d.il procedimento di modifica dei trattati.

****

a.La portata della riforma

Non si tratta di effettuare piccole modifiche di carattere tecnico e di apportare alcuni miglioramenti ai meccanismi esistenti.

Le attese dell'opinione pubblica, la gravità dei problemi da affrontare e le prospettive di un ulteriore ampliamento rendono necessario un profondo cambiamento dei meccanismi istituzionale al fine di : i) modificare il carattere non sufficientemente democratico del quadro istituzionale, ii)rendere più efficiente e trasparente il meccanismo decisionale, iii) avvicinare i cittadini all'Unione europea.

b.Il collegamento tra le riforme e l'ampliamento

Non è pensabile un ampliamento dell'Unione in assenza delle necessarie modifiche dei trattati che vadano nella direzione sopra indicata. Senza tali modifiche l'Unione sarebbe condannata ad una lenta dissoluzione e tradirebbe le attese dei Paesi che bussano alle sue porte.

c.I principi che occorre rispettare in caso di livelli diversi di integrazione.

Al di là delle dispute sulle diverse formule va precisato con fermezza che vi sono alcune condizioni irrinuniciabili perchè si possa accettare un livello diverso di integrazione degli Stati membri :

-quadro istituzionale unico;

-nucleo minimo di disposizioni che tutti devono accettare (acquis comunitario). Non sono immaginabili meccanismi di opting out del tipo "Protocollo sociale" in settori importanti perchè ciò falsa le condizioni di concorrenza nel mercato unico e rende più difficile il conseguimento della coesione economica e sociale;

-anche per quelle politiche che non sono accettate da tutti occorre che tutti accettino di rispettare alcune regole minime di base.

E' infine importante sottolineare che l'integrazione a livelli diversi non è un'ipotesi di partenza nei negoziati ; occorre fare ogni possibile sforzo per avanzare tutti insieme. L'integrazione variabile è un rimedio ultimo che, in linea di principio, deve avere un carattere temporaneo.

d.Il procedimento di modifica dei trattati

Non è pensabile ripetere l'errore di Maastricht ed escludere dal dibattito Parlamento europeo, Parlamenti nazionali ed opinione pubblica.

Per quanto riguarda in particolare il Parlamento europeo occorre che i governi degli Stati membri prendano l'impegno politico di coinvolgere il Parlamento europeo nei negoziati e di sottoporgli per approvazione il nuovo testo.

Le modifiche auspicabili

Non è qui possibile fare un elenco completo di tutto ciò che sarebbe necessario o comunque opportuno modificare rispetto ai testi vigenti, molti suggerimenti sono già contenuti in vari documenti politici ed articoli pubblicati nel corso di questi ultimi mesi.

Ciò che è importante sottolineare è che occorre assicurarsi che le modifiche che saranno adottate vadano nella direzione di una evoluzione dell'Unione europea in senso federale e ne impediscano la dissoluzione.

A titolo di esempio si possono indicare cinque modifiche dei trattati che appaiono particolarmente opportune :

1.Adozione di una Carta costituzionale chiara e concisa che comprenda un elenco dei diritti fondamentali dei cittadini ed un riferimento esplicito al rispetto delle minoranze ed alla lotta contro il razzismo e la xenofobia (le varie politiche comunitarie potrebbero essere contenute in protocolli allegati alla Carta costituzionale)

2.Eliminazione del voto all'unanimità in seno al Consiglio e modifica della ponderazione dei voti per tener conto, in maniera più adeguata, del fattore popolazione. Non è accettabile (e non risponde ai principi della democrazia) che in una Unione a 25 o 30 Paesi una piccola minoranza della popolazione possa impedire alla stragrande maggioranza di prendere delle decisioni

3.Estensione della procedura di codecisione alla maggior parte dei settori e sua modifica al fine di mettere su di un piano di parità Parlamento europeo e Consiglio

4.Ricerca di meccanismi istituzionali atti a garantire che l'azione dell'Unione non sconfini senza motivo nei settori di competenza delle autonomie locali e che le decisioni siano prese effettivamente il più vicino possibile ai cittadini (ruolo del Comitato delle regioni)

5.Occorre infine modificare il meccanismo di revisione dei trattati per erigere il Parlamento in assemblea costituente in vista di una prossima revisione o almeno per porre anche in tale campo il Parlamento sullo stesso piano dei governi degli Stati membri.

Al di là di queste modifiche di carattere più generale mi sia consentito fare un particolare riferimento a due dei settori che sono di mia responsabilità e per i quali, in occasione della revisione del 1996 sarebbe opportuno modificare e integrare il testo del trattato.

a.La protezione dei consumatori

Il testo attuale della disposizione del trattato relativa alla protezione dei consumatori (129A) prevede azioni della Comunità in tale settore a sostegno ed integrazione delle politiche svolte dagli Stati membri. L'azione comunitaria è presentata dunque come limitata e residuale rispetto a quanto previsto a livello nazionale.

In un'ottica di ravvicinamento dei cittadini all'Unione e di maggiore attenzione ai problemi della gente appare opportuno ampliare la portata dell'azione comunitaria al fine di pervenire alla definizione di una vera e propria politica di protezione dei consumatori che abbia come obiettivo il rafforzamento della tutela dei diritti e degli interessi dei "cittadini europei" nei confronti di poteri economici sempre più forti e scarsamente controllati.

b.L'aiuto umanitario

Forse pochi sanno che l'Europa (Unione e Stati membri) è il principale contributore mondiale nel settore dell'aiuto umanitario.

L'Ufficio umanitario della Comunità europea, in particolare, ha attribuito nel 1994 circa 1700 miliardi di lire (764 milioni di ECU) a più di 60 paesi dei quattro continenti.

Ebbene, per quanto possa apparire sorpendente, il trattato non prevede in maniera espressa che la Comunità europea possa effettuare azioni di carattere umanitario.

E' a mio avviso fortemente auspicabile che, in occasione della prossima revisione dei trattati, venga inserita una disposizione specifica che preveda questo tipo di intervento chiarendone al contempo le condizioni.

Ciò consentirebbe all'Unione di agire in un quadro di maggiore chiarezza dando visibilità politica ad una attività che testimonia l'impegno di solidarietà dell'Europa nei confronti di popolazioni che versano in uno stato di completo abbandono.

Conclusioni.

Come ho accennato all'inizio dell'intervento, l'Europa è oggi di fronte a scelte fondamentali per il proprio avvenire in un contesto politico ed economico estremamente difficile che fa riemergere gli egoismi nazionali.

Come federalisti abbiamo il dovere di batterci per impedire che l'Europa che abbiamo contribuito ad edificare sia stravolta e che le ragioni del mercato si sostituiscano alle ragioni degli uomini.

Prima ancora di iniziare il dibattito sulle modifiche da apportare al trattato è essenziale porre una questione di metodo e ricordare ai governi di tutti i Paesi membri dell'Unione l'insegnamento che Jean Monnet non si stancava di ripetere ai negoziatori del trattato CECA :

"Siamo qui per compiere un'opera comune; non per negoziare vantaggi, ma per ricercare il nostro vantaggio nel vantaggio comune. Soltanto se eliminiamo delle nostre discussioni ogni sentimento particolaristico potrà essere trovata una soluzione. Nella misura in cui saremo capaci di cambiare i nostri metodi cambierà progressivamente la mentalità di tutti gli europei".

 
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