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Agora' Agora - 22 febbraio 1991
RIFORMA DELLA POLITICA E COSTITUENTE DEMOCRATICA: OLTRE LA GUERRA, RIANNODIAMO I FILI DELL'INIZIATIVA.
IL SECOLO XIX PUBBLICA DOMANI UNA LETTERA APERTA DI ALFREDO BIONDI, GIOVANNI NEGRI, MASSIMO NICOLAZZI, MASSIMO TEODORI (FORUM DEI DEMOCRATICI) A TUTTI I PROMOTORI DEI REFERENDUM ELETTORALI. "CHI STA CON LA RIFORMA SI INCONTRI SUBITO, SENZA BANDIERE, APPARTENENZE, PRECLUSIONI. DODICI MESI, IN PARLAMENTO E NEL PAESE, PER UNA CAMPAGNA LEGISLATIVA CONTRO L'OCCUPAZIONE PARTITICA DELLO STATO E PER RITROVARSI NELLA COSTITUENTE DEMOCRATICA".

Il Quotidiano "Secolo XIX" pubblicherà domani il testo della lettera aperta che Forum dei Democratici ha inviato a tutti i promotori dei Referendum Elettorali, ai movimenti nati recentemente per il superamento dell'attuale sistema partitico, ed idealmente rivolta a tutti quei cittadini che - al di là dell'appartenenza ideologica o di partito - vivono oggi come priorità del proprio impegno civile l'iniziativa per la Riforma della politica. Anticipiamo il testo della lettera aperta :

Sono settimane di dure batoste, ed ancor più di terribili impotenze. Il mondo è fuori dei nostri poteri, e produce strazio.E noi qui a scoprire, anche, la futilità dell'orizzonte Italia; e l'inanità di una dimensione nazionale espropriata della possibilità stessa di concorrere autonomamente a decidere di sè.

I giochi sono fatti, e lo sono comunque, che noi si sia giocato o meno.

Ma siamo in tanti a chiederci che senso abbia dopo Saddam essere "politici" in Italia e nel limite italiano; e a scoprire che il filo che ci lega, si sia detto sì o no a questa guerra, è forse più forte del filo che lega tra loro i si o i no. Perchè il filo è quello di coloro uniti dall'idea che la politica o è la prosecuzione di un bisogno etico, o non è; e se non è, non resta che essere altro, e altrove.

Eppure, e proprio perchè il legame è questo, dovrebbe poter avere ancora un senso tentar di mettere ordine nella assai disadorna cantina nostrana, e non meno di quanto ne dovesse avere continuare a poetare dopo Auschwitz.

O ripartiamo insomma dalle nostre piccole e futili cose; o mai ci sarà dato di occuparci di quelle grandi e vere.

La guerra ci è dunque rimbombata dentro mentre si dibatteva di riforma della politica. Forse sarà l'inebetimento che ci difende dal fragore, ma non ci pare fosse conversazione tra bizantini dotti.

Qui è pur sempre la nostra minuscola Rodi; e non pare bello nascondersi dietro il pensiero assolutorio che la Corte ci abbia fatalmente impallinato i referendum assai prima che si potesse misurare il salto.

La Riforma è una prateria immensa; e se anche i partiti-padrone ci hanno per ora recintato e precluso i pascoli referendari, molto resta ancora da esplorare. Cominciando magari a rendere di nuovo libere quelle terre che per padroni e usurpatori sono luogo privilegiato di caccia e di spoliazione; ed a restituire perciò al civico uso questo Stato e questa Pubblica Amministrazione.

Nel nostro viaggio tra i resti di ciò che fu laico e socialista; tra suoni ed echi che giungono da Reti, da clubs, e da Reti e clubs che financo si incontrano; nello scoprire tanto di eguale - stando sottobraccio nel movimento referendario - in tanti che parevano irriducibilmente diversi, ci sono progressivamente venuti maturando almeno due dubbi, e seri.

Il primo è che attorno ai temi della riforma della politica, alla battaglia per la regola, il diritto ed i diritti già esista nel paese un grande movimento democratico, e forse anche sin d'ora maggioritario; e che però non sa di esserlo.

Il secondo è che, se le parole dei singoli non solo solo rumore, la liberazione dello Stato e del settore pubblico occupato possa persino e subito disporre di una maggioranza parlamentare.

Il primo dubbio è forse il riflesso di un'utopia consolatoria; ma certo questo è verificabile solo sciogliendo il secondo.

Si può. La minaccia di un termine naturale della legislatura incombe ormai sul Paese. E dunque chi sta nelle istituzioni rischia di dover trovare di che giustificare la propria esistenza per i prossimi diciotto mesi. Che chi sta con la riforma si incontri dunque subito; senza bandiere, appartenenze, preclusioni. Sarebbe solo suicida non lavorare, e da individui, assieme. A fine primavera, scegliendo le priorità e lavorando duro e bene, potremmo arrivare a mettere sul tavolo, dalle nomine al sistema bancario agli appalti a quant'altro, un serio e rigoroso pacchetto di proposte che renderebbe solo nobile l'ultimo anno di legislatura. E che soprattutto renderebbe visibile che anche in questo Paese di balocchi miracolati esiste e può affermarsi una cultura non partitocratica di governo.

E' urgente, è necessario; e dunque è possibile. Basta una breccia a far vacillare il muro; e dunque a far scoprire ad una grande forza democratica di esistere.

Se andrà bene, sarà l'inizio di una grande Costituente Democratica; e se anche andasse male, ne varrebbe comunque la pena.

C'è il rischio di scoprire, tra un anno o diciotto mesi, che anche a questo è servita la maledizione della guerra: a renderci irresponsabili delle piccole e futili cose che nonostante lo strazio si potevano, e perciò si dovevano fare. Se a qualcuno

capiterà di scoprire che così è stato, non ne incolpi Saddam.

 
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