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Agora' Agora - 12 marzo 1991
REFERENDUM PREFERENZE: UN REFERENDUM BISLACCO, DAGLI EFFETTI CONTRADDITTORI E ANCHE PERICOLOSO PER LE ESIGENZE DI RIFORMA. NOTA DI PEPPINO CALDERISI

Il referendum sulla legge elettorale del Senato che chiedeva di passare al sistema maggioritario e uninominale e quello relativo ai Comuni che metteva anch'esso in causa la proporzionale, avrebbero potuto costituire una grande occasione di riforma del sistema politico e dei partiti, fornendo uno sbocco democratico alla crescente disaffezione e rivolta antipartitocratica. La prossima stagione politica rischia, di conseguenza, di essere caratterizzata da uno scontro molto pericoloso per la democrazia tra la protesta impotente delle leghe, da una parte, e la sordità di un sistema partitico logorato, dall'altra.

Ma intanto la cieca e sciagurata sentenza della Corte Costituzionale ha lasciato il solo referendum sulle preferenze. Un referendum su cui è bene svolgere una discussione aperta, franca e approfondita.

Innanzitutto ricordiamo che radicali e laici che avevano copromosso gli altri due quesiti, si dissociarono da questa iniziativa referendaria, cercando invano di dissuadere gli altri promotori dal metterla in campo. Infatti il quesito sulle preferenze è marginale rispetto alle esigenze di riforma elettorale (non tocca il meccanismo proporzionale) e, proprio per questo, ha costituito (come era stato facile prevedere) una comoda "scialuppa di salvataggio" per la Corte Costituzionale.

Ma questo referendum è anche contraddittorio e quindi un po' demagogico. Vuole combattere le degenerazioni correntizie, ma ha anche effetti controproducenti perché facilita i "capilista" imposti dalle segreterie di partito e i candidati supportati da potentati economici e da grandi mass-media. Esso comporta un forte aumento delle spese elettorali e sfavorisce proprio coloro che si sono mossi in maggiore autonomia nei confronti dei rispettivi apparati partitocratici (come gli stessi promotori dell'iniziativa referendaria).

Ma c'è di più. Questo referendum rischia infatti di essere la culla di una bruttissima controriformetta o addirittura di spingere verso le elezioni anticipate. A quanto si apprende dai giornali, la cosiddetta "verifica" riguarderebbe, in particolare, una leggina volta ad impedire la consultazione attraverso un artificioso meccanismo: raddoppio del numero dei collegi (con la conseguente introduzione di una soglia), capilista bloccati più una preferenza, lista nazionale bloccata decisa dalle segreterie di partito. Insomma una modifica che non solo non riformerebbe alcunché, ma che accrescerebbe addirittura lo strap

otere partitocratico.

Che fare dunque di fronte a questo referendum che, rimasto solo, ha un significato ben diverso da quello a cui pensavano i suoi stessi specifici promotori ?

Chiarito che mai e poi mai esso potrebbe dar luogo ad uno scontro tra chi vuole una effettiva riforma elettorale e chi non la vuole, la strada da seguire è innanzitutto quella di evitare che produca i danni più gravi. Occorre pertanto impedire controriforme che inutilmente "rimestolino" le norme elettorali.

Può essere certamente accolta la soppressione della norma che consenta di esprimere le preferenze con i numeri, che è purtroppo fonte di brogli di ogni tipo.

Sulla questione del numero di preferenze non riesco sinceramente nè ad appassionarmi nè a stabilire con certezza, nell'ambito del sistema proporzionale, quale sia la soluzione meno negativa. Dopo aver addirittura pensato ad un aumento del numero di preferenze per dare maggiori gradi di libertà agli elettori sia rispetto alle correnti che alle segreterie di partito, forse la soluzione migliore è proprio quella di lasciare immutato il numero di preferenze. Certamente la consultazione referendaria non si rivelerebbe delle più entusiasmanti, ma sarebbe assurdo preferirle le elezioni anticipate.

Il disegno di legge del Governo in discussione alla Camera in questa settimana, relativo ad alcune modifiche ai procedimenti elettorali (aumento del numero delle sottoscrizioni per la presentazione delle liste elettorali e operazioni di scrutinio antibrogli) tocca già, in qualche modo, la materia oggetto del referendum. Ci auguriamo che tale provvedimento possa costituire un'utile occasione per un dibattito aperto e appr

ofondito tra tutti i deputati sul tema del referendum rimasto in piedi, senza delegarlo così alla sola cura delle segreterie dei partiti.

 
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