" Al funzionario che mi comunicava la necessità di una attesa perchè i tempi delle consultazioni non avevano potuto essere mantenuti da parte del Presidente Cossiga, e dal quale apprendevo la serie di incontri-lampo, ho certo detto -in ascensore- che alla fine si rischia di sentirsi come dei "convocati-squillo".
Ho certo confermato al Segretario Generale Berlinguer di aver fatto questa affermazione, che vado ripetendo d'altra parte da due settimane a radio, televisioni, comizi.
Ho poi preso atto -non più incredulo, ahimè!- che il Presidente della Repubblica mi metteva alla porta del Palazzo, poiche lo avrei "grandemente offeso". Ne prendo atto, dopo la conferma del comunicato del Quirinale, anche se avevo sentito con sollievo annunciare la fine degli scherzi.
Non ho offeso nessuno. Ho criticato fermissimamente la distruzione di un patrimonio di tradizioni, di consuetudini, di protocollo, di cortesia istituzionale, di ogni punto di riferimento scritto o di prassi, che si sta rischiando alla Presidenza della Repubblica. Questo patrimonio è un bene pubblico, e non personale o privato di questo o quel Presidente. Di questo patrimonio fa parte sostanziale la gravità e anche la lentezza protocollare, il non confondere urgenza e frettolosità, il rispetto dei doveri e delle procedure democratiche nella formazione delle volontà di partiti anzichè l'esaltazione del carattere di boiardi del potere, convocati "seduta stante" dal sovrano, dei rappresentanti dei partiti parlamentari, l'esternazione del riserbo e non della facoltà di loquela, l'esposizione di umori e di malumori, il segnalare benevolenza o severità ecc...
Queste e altre considerazioni, sono state fatte dagli organi responsabili del Partito al Presidente Cossiga con un documento scritto che ritengo abbia grande validità e, oggi, maggiore urgenza e significato, con cui abbiamo cercato di porre un punto fermo all'esagitazione ed alla improvvisazione, e un argine a straripamenti e alluvioni di interventi al cui saggezza e la cui opportunità possono essere messi in dubbio, senza per questo vilipendere nessuno.
Rendiamo pubblico questo documento.